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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2014 alle ore 06:44.
L'ultima modifica è del 24 marzo 2014 alle ore 06:44.

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Ah professo', e vedi ‘n po' da levatte de mezzo». L'immagine migliore da cui partire per comprendere qualcosa di più sulla vera natura politica del Governo Renzi, o se volete del Governo Leopolda, o se volete del Governo Bim Bum Bam, è quella che ognuno di noi ha vissuto durante gli anni del liceo in una fase particolare dell'anno. Subito dopo l'estate. Quando l'autunno arriva, le foglie cadono, le vacanze sono lontane, lo studente ribelle non sa più che cosa scrivere sulle false giustificazioni, e quando, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, si verifica sempre la stessa scena: un gruppo di studenti sale le scale della scuola, arriva di fronte alla stanza del preside, apre senza bussare la porta, si avvicina con sguardo minaccioso al capo dell'istituto, lo fissa negli occhi e gli dice quella frase lì: «Ah professo', a' scola è occupata, mo vedi ‘n po' da levatte de mezzo».

In un certo senso, l'arrivo al Governo del giovane Renzi, con la sua squadra di giovani ministri e la sua truppa di giovani dirigenti che con il linguaggio dei giovani si rivolge ai giovani con un look giovanile per risolvere i problemi dei giovani e riavvicinare i giovani alla politica, ricorda molto la scena dei ragazzi che ogni autunno arrivano di fronte alla stanza del preside per prendere ‘e chiavi d'a scola, e occupare per un paio di settimane le aule del proprio istituto. E non è difficile immaginare che il preside della Repubblica, al secolo Giorgio Napolitano, quando lo scorso 22 febbraio si è ritrovato a concedere le chiavi della scuola a questo gruppo di ragazzi – un gruppo di ministri più giovani di lui di una quarantina d'anni (età media 47,8) composto per la prima volta da politici nati negli anni Ottanta, guidati da un signore che non ha neanche la metà dei suoi anni (88 anni Re Giorgio, 39 anni Renzi), che ama farsi ritrarre sui giornali patinati vestito da Fonzie e con il chiodo di pelle, che ha ricevuto la fiducia da un gruppo parlamentare (quello del Pd) che viaggia intorno ai 49 anni di età media – sia stato attraversato da un sentimento a metà tra la rassegnazione, la speranza e lo smarrimento riassumibile più o meno così: Santo Cielo, che Dio me la mandi buona.

I giovani, già. E allora ecco il punto: ma una volta esauriti i corsi di graffiti, le lezioni di cinema bulgaro, i laboratori per imparare a costruire collanine di perle, gli occupanti avranno o no la forza di ritardare lo sgombero della polizia, della "pula", e portare avanti con successo la loro autogestione? Detto ancora meglio: una volta esaurita la formidabile fase politica del «oooooh» – oh come sono giovani questi ministri (il Governo Renzi è il più giovane della storia italiana), oh come è giovane questo Matteo Renzi (Renzi è il premier più giovane della storia italiana), oh come è giovane questa Marianna Madia (33 anni, ministro per la Pubblica amministrazione), oh come è giovane questo Maurizio Martina (36 anni, ministro dell'Agricoltura), oh come è giovane questa Federica Mogherini (41 anni, ministro degli Esteri), oh come è giovane questa Maria Elena Boschi (33 anni, ministro per le Riforme), oh come è giovane questo Luca Lotti (31 anni, sottosegretario alla presidenza del Consiglio) – il Governo Bim Bum Bam ha nel suo Dna i geni giusti per dimostrare che l'occupazione del Governo è sì anomala ma non è abusiva, e dunque non merita di essere sgomberato dalla pula?

In altre parole ancora: a parte l'essere giovani e carini, c'è qualcosa in più che tiene insieme i ragazzi del Governo Leopolda? Dal punto di vista politico la questione è complicata. E il semplice fatto, per esempio, che siano sette su otto i ministri del Pd che alle primarie del 2012 hanno votato per Bersani, e non per Renzi, è di per sé un segnale che potrebbe incoraggiare i teorici della mozione "Governo Marinetti": ovvero i sostenitori della tesi che lo sterile giovanilismo futurista dei rottamatori sia l'unico fragile motore del Governo Renzi. La tesi è affascinante ma perde di vista una questione importante che riguarda il tratto fondamentale del Gabinetto Bim Bum Bam. E da questo punto di vista l'immagine della scuola occupata ci torna utile se pensiamo che la vera missione della Gioventù Renziana è quella di ricucire una storica ferita aperta nel nostro Paese durante il '68.

«Se ci pensate bene – racconta Andrea Guiso, docente di Storia contemporanea presso l'Università Luiss e autore di numerosi libri sull'evoluzione culturale della sinistra italiana – l'Italia, a differenza di quasi tutti i Paesi simili al nostro in cui si sono registrate profonde mutazioni culturali innescate dalle proteste dei movimenti studenteschi, è l'unico Paese in cui il '68 non ha coinciso con un rafforzamento del ruolo dei partiti nella vita pubblica, ma con un rafforzamento dei movimenti antipolitici. Da quel momento in poi, tra un girotondo con Nanni Moretti, un sit-in con Luca Casarini, un caffè con Barbara Spinelli, una passeggiata con Antonio Ingroia, è diventato un dogma, un mantra, l'idea che l'unico modo per ridare legittimità alla politica sia servirsi di strumenti esterni alla politica. Da questo punto di vista, la Gioventù Renziana ha il compito di ricucire quella ferita, dimostrando l'inciviltà della società civile e affermando quello che nessuno è incredibilmente riuscito a fare negli ultimi vent'anni: la superiorità della classe politica, la rottamazione della società civile, la riconquista di uno spazio politico».

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