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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2014 alle ore 11:16.

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Il manifesto del neorealismo torna sul grande schermo: «Roma città aperta», capolavoro immortale di Roberto Rossellini, verrà nuovamente distribuito nelle nostre sale lunedì 31 marzo in una versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.
Datato 1945, «Roma città aperta» è il titolo che fece conoscere al mondo intero il valore del nostro cinema e il talento di Roberto Rossellini, che successivamente realizzerà «Paisà» e «Germania anno zero» completando quella che venne definita la sua "trilogia della guerra".

Il film, ancora oggi uno dei più significativi instant-movie della storia della settima arte, venne girato nell'inverno tra il 1944 e il 1945 in condizioni proibitive e clandestine con una pellicola in parte comprata dagli americani e in parte trovata (anche scaduta) in qualche magazzino. I set, distrutti dalla guerra, erano le strade e i palazzi di Roma; il sonoro venne aggiunto in post-produzione con gli attori che doppiarono se stessi.
Sulla lavorazione, a dir poco travagliata, della pellicola Ugo Pirro scrisse un romanzo, intitolato «Celluloide», da cui Carlo Lizzani ha tratto un omonimo film, distribuito nel 1996, con Massimo Ghini nei panni di Roberto Rossellini.

Boicottato dai (nostri) critici al momento dell'uscita, «Roma città aperta» riscosse presto uno straordinario successo internazionale (dal Gran Premio al Festival di Cannes alla nomination all'Oscar per la miglior sceneggiatura) che lo consacrò come una delle pietre miliari della settima arte.
I motivi di tanto apprezzamento sono svariati: dallo stile, ellittico e asciutto, del regista, all'interpretazione drammatica di Anna Magnani e Aldo Fabrizi fino, e forse soprattutto, alla capacità di raccontare la Storia praticamente in presa diretta.

La trama, infatti, mette in scena le sofferenze e il coraggio dell'Italia occupata: protagonisti sono un sacerdote, una popolana e un ingegnere comunista che cercheranno di resistere alle violenze dei nazisti.
Una delle sequenze più atroci e indimenticabili è la morte di Pina (Anna Magnani) sotto i colpi nemici mentre rincorre il camioncino che sta portando via il suo uomo: il pubblico dell'epoca non aveva mai assistito a una sequenza così brutale, realistica e drammatica allo stesso tempo.

Inizialmente doveva essere una cortometraggio, scritto da Alberto Consiglio, sulla vita di Don Morosini, ma Rossellini convinse una contessa a finanziare un progetto più ampio, che venne scritto dal regista insieme a un giovane Federico Fellini e a Sergio Amidei.
Tra i tanti autori che commentarono l'importanza storica di «Roma città aperta» svettano il francese Jean-Luc Godard («Con Roma città aperta l'Italia ha guadagnato il diritto di guardarsi di nuovo in faccia») e l'austriaco Otto Preminger che disse: «La storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta».

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