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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2014 alle ore 09:14.

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Il liuto ha origini arabo-islamiche e in questa area si è rafforzata la sua pratica (Corbis)Il liuto ha origini arabo-islamiche e in questa area si è rafforzata la sua pratica (Corbis)

«Uno fra i più grandi violinisti della prima metà del secolo scorso, alla domanda su quale base (teoretica e storica – n.d.r.) impostasse la sua esecuzione, quando si trovava a suonare e a confrontarsi con altre grandi personalità, rispondeva che sia lui che i suoi colleghi si preoccupavano soltanto di suonare bene. Era quella un'epoca nella quale la filologia (s'intenda: «la filologia organologica, ossia avente per oggetto gli strumenti musicali» – n.d.r.) era ancora alle prime armi, e al rigore stilistico si sopperiva con l'intuito, con la genialità e con la sensibilità».

Non potremmo essere più d'accordo di quanto siamo, con Salvatore Morra, trentaduenne musicista napoletano, autore di questo libro, e, naturalmente, con Sergio Ragni, dalla cui prefazione abbiamo tratto le parole citate, e che tutto il mondo della cultura musicale conosce come insuperabile studioso e collezionista di "musicalia", la cui abitazione è insieme "Wunderkammer" e dimora di gran signore, perennemente illuminata in vista del mare.
Abbiamo letto questo libro, portando in noi la ferma convinzione che il grande talento artistico, per quanto innato, nulla sarebbe se non fosse "armato di dentro" da un lungo esercizio di conoscenza e di ricerca, e, se ci si permette di dirlo senza che qualcuno si stracci le vesti, da un culto scientifico, filologico e filosofico dell'arte cui per vocazione ci si è dedicati. Tanto più si rafforza la nostra persuasione dinanzi alla passione di Morra per il liuto, strumento che con il suo solo nome dal suono melodico suscita immagini di nobiltà, fama e antica sapienza, ma che poi, nella pratica didattica dei Conservatori e delle scuole di musica, resta nobilmente e sapienzialmente confinato in ruoli "opzionali", e perciò marginali. (Sì, ma in Italia tutta la musica forte è costretta entro quei margini).

Il libro di Morra è uscito presso una piccola e ardita casa editrice di Napoli, come n. 1 della collana Sfizi & Note diretta da Massimo Lo Iacono, altro personaggio eccezionale, umanista dalla conoscenza capillare e vissuta con furia e insieme con felicità, indagatore della realtà passata e presente di Napoli della quale città non una sola pietra può nascondergli i suoi segreti (lo diciamo in senso letterale, senza alcuna enfasi). Gli interessi di Morra sono precisi, come ci si può attendere da un giovane musicista dal linguaggio preciso e limpido, non gravato da tracce di dialetto universitariese, eppure uscito brillantemente da luoghi di formazione alto-accademica come il Trinity College of Music di Londra (con il Performer's Certificate), l'Università «L'Orientale» di Napoli (con tesi di laurea sull'antenato arabo-islamico del liuto ossia l'´u-d, o il magistero di prassi esecutiva dell'´u-d appreso dalle lezioni di Khamel Gharbi a Tunisi.

Morra ci narra la storia e la fisiologia dell'´u-d a partire dal IX secolo d. C. (attenzione: nel libro c'è un piccolo refuso, troviamo scritto «a. C.»), ossia dal filosofo al-Kindi, coevo alle più antiche notizie che ci sono state tramandate su questo strumento. In Occidente, per secoli il patrimonio musicale del mondo islamico fu conosciuto di striscio, per aneddoti e luoghi comuni di solito irridenti o sbavanti fantasticherie più o meno fiabesche. Soltanto nel periodo napoleonico, dopo l'invasione dell'Egitto, molti studiosi francesi andarono in quella terra indagandone con frutto i vari aspetti. Guillaume André Villoteau lasciò in eredità un'opera gigantesca, Description de l'Egypte, in cui 3 volumi sono dedicati alla musica. Morra, con inattaccabile competenza che fa del suo piccolo libro un riferimento d'ora in poi fondamentale, esamina tutto del "suo" strumento: la struttura materiale, la nomenclatura, le distinzioni secondo tipologia, destinazione, occasione esecutiva, prassi d'esecuzione. Non a caso il suo libro è ricco di tabelle e di grafici, di glossari e di elenchi. L'indagine sull'onomastica dello strumento getta lampi rivelatori: «Nella storia più antica l'´u-d denotava anche lo strumento chiamato lira (kennur, dal semitico kinnôr). Ciò è evidente nelle antiche versioni in lingua araba della Bibbia, dove kinnôr è tradotto come ´u-d». Come dire: due popoli che continuano a combattersi con ferocia hanno in comune le realtà più importanti dell'esistenza: le radici linguistiche, gli strumenti musicali… e sì, anche la struttura della musica. Per esempio, i modi, le scale, come Morra ci mostra nel perfetto capitolo sul maqam.-

La nomenclatura relativa alla materialità dello strumento è irresistibilmente evocativa: la "pancia" dello strumento (batn), il "torace" (sadr), il "viso" (wajh), gli occhi ('uyun).- Fondamentali le notizie dell'ultimo capitolo sulle due "scuole" di prassi esecutiva oggi attuali, l'egiziana e l'irachena: pagine rasserenanti, dedicate a due zone del mondo islamico il cui nome, oggi, difficilmente potrebbe evocare immagini di musica.

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