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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2014 alle ore 11:33.

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«Ma tu lo hai mai fatto un massaggio ai piedi?»: sono già passati vent'anni da quando il gangster Vincent Vega (John Travolta) fece questa domanda al collega Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) in una delle sequenze cult di «Pulp Fiction» di Quentin Tarantino.
Il film, uscito nei cinema italiani nel dicembre del 1994, si prepara a tornare nelle sale del circuito The Space dal 7 al 9 aprile per festeggiare al meglio il traguardo delle venti candeline.

La genesi di quello che sarebbe diventato uno dei film più amati degli anni '90 è piuttosto curiosa: Tarantino scrisse la sceneggiatura (firmata in coppia con Roger Avary) nei coffee-shop di Amsterdam e in diversi altri luoghi dove capitò per promuovere il suo film precedente, «Le iene».

Allo script lavorò per un anno e il risultato iniziale fu un manoscritto di oltre 500 pagine. Il copione fu rifiutato da alcune case di produzione prima di venir accettato dalla Miramax, che investì 8 milioni di dollari per realizzarlo: nei soli Stati Uniti il film ne incassò ben 120.
Fu uno dei casi più eclatanti della storia del cinema di un film indipendente che ai botteghini si trasformò in un blockbuster a tutti gli effetti.

Il titolo «Pulp Fiction» fa riferimento alla letteratura "bassa" dei polizieschi popolari, spesso tascabili e considerati usa e getta, ma firmati da nomi importanti come Raymond Chandler e Cornell Woolrich.

La trama ruota attorno a piccole storie di delinquenza, sovrapposte e intrecciate tanto da formare un irresistibile puzzle narrativo che lo spettatore è chiamato a (ri)comporre.
Proprio per la sua struttura drammaturgica viene ancora oggi considerato uno dei titoli più significativi del cinema post-moderno, filone di cui Quentin Tarantino è ritenuto uno dei più grandi maestri, sia per la capacità di mescolare riferimenti alti e bassi, generi e stili, sia per i continui riferimenti alla storia della settima arte.

Le innumerevoli citazioni presenti in «Pulp Fiction» spaziano da «Fronte del porto» di Elia Kazan (il nome del pugile contro cui combatte Butch-Bruce Willis è Wilson, come l'avversario di Marlon Brando nel film del 1954) a «Un dollaro d'onore» di Howard Hawks (Bruce Willis cita direttamente una frase dello sceriffo Chance interpretato da John Wayne), fino a «Bande à part» di Jean-Luc Godard (il balletto tra Travolta e Uma Thurman ricorda quello dei tre protagonisti del film francese): quest'ultimo uno dei titoli più amati in assoluto da Tarantino, tanto che ha scelto di chiamare allo stesso modo la sua casa di produzione (Band Apart).

Tra le altre curiosità della pellicola, c'è la presenza costante della parola "fuck" che, nella versione originale, viene ripetuta 271 volte.
Il film venne candidato a sette nomination agli Oscar e vinse soltanto la statuetta per la miglior sceneggiatura originale: il riconoscimento più significativo fu però, a sorpresa, la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Quando Tarantino si alzò per ritirare il prestigioso premio qualcuno del pubblico lo fischiò gridando allo scandalo: in tutta risposta il regista mostrò un più che eloquente dito medio.

A contribuire al fascino della pellicola non si possono dimenticare i tanti attori in splendida forma (da Bruce Willis a Uma Thurman, fino a Tim Roth e Harvey Keitel) e la colonna sonora che unisce Al Green e Ricky Nelson, Dusty Springfield e Chuck Berry.
E, infine, un vero e proprio oggetto cult: la famosa valigetta sul cui misterioso contenuto i fan s'interrogano ancora oggi, azzardando le ipotesi più svariate. Tra quelle più gettonate troviamo l'anima di Marsellus Wallace (personaggio interpretato da Ving Rhames) o del materiale radioattivo, proprio come nella valigetta (particolarmente simile a quella di «Pulp Fiction») del film «Un bacio e una pistola» di Robert Aldrich del 1955, altro titolo amatissimo e spesso citato da Quentin Tarantino.

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