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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 09:43.
L'ultima modifica è del 20 aprile 2014 alle ore 17:42.

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Libri illeggibili, forchette parlanti, sculture da viaggio, macchine inutili. La mostra "Munari politecnico", ospitata dal Museo del Novecento di Milano, insegue un'arte che si declina in mille rivoli. "Né pittore, né designer, né pedagogo, ma tutte queste cose insieme" - come disse Gillo Dorfles - Munari (Milano, 1907 – 1998), ha attraversato più discipline.

Qui lo capiamo posando il nostro sguardo ora sui disegni e collage del periodo giovanile, ora sulle poetiche macchine aeree così vicine ai Mobiles di Calder, ora sui multipli ispirati alla ricerca scientifica. Un assaggio della sconfinata produzione di una mente mai dogmatica, mai serva del mercato, mai facilmente classificabile…

Curata da Marco Sammicheli, con allestimento di Paolo Giacomazzi, l'esposizione riunisce opere appartenenti alla vasta collezione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz, editori e produttori di design e multipli d'arte con cui l'artista collaborò dal 1957. Un raffinato nucleo di lavori che dialoga con le opere di tanti compagni di viaggio di Munari (artisti, amici, colleghi): da Victor Vasarely a Enzo Mari, da Getulio Alviani a Paolo Scheggi, da Gillo Dorfles a Carlo Belloli, da Giulio Paolini a Davide Mosconi.

Presenze che sottolineano affinità nei modi e approcci all'invenzione e alla pratica dell'arte. Chiude il percorso un omaggio all'ardito e ironico artista che non disdegnava di essere fotografato. Quasi una mostra nella mostra "Chi s'è visto s'è visto" raccoglie scatti realizzati da Ada Ardessi e Atto, dove il designer mostra il volto garbato di un simpatico inventore, capace di disegnare per tutti un mondo migliore.

Munari politecnico
Museo del Novecento di Milano
www.museodelnovecento.org
Fino al 7 settembre

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