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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 10:35.
L'ultima modifica è del 18 aprile 2014 alle ore 22:43.

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In un'epoca in cui della Storia si fa con leggerezza uso e abuso a propri fini politici o di comunicazione, ben venga qualunque testimonianza, anche privata, a portare lume e verità su fatti che riguardano il passato del nostro Paese. Vicende di una qualunque famiglia borghese catapultata nell'incubo della persecuzione e della guerra, narrate vincendo il pudore con quella "normalità" con la quale alla fine si narra qualunque vicenda di famiglia.

Questo innanzitutto il significato del nuovo libro di Gioele Dix, al secolo David Ottolenghi, "Quando tutto questo sarà finito". Come recita il sottotitolo, "Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali", una vergogna italiana di cui, tutto sommato, si conosce poco.

Certo, sono ampiamente conosciute le nefaste conseguenze sulla popolazione italiana di origine ebraica per le persecuzioni e le deportazioni negli anni dell'occupazione nazista, dopo il settembre '43. Conseguenze particolarmente negative dovute forse a una sottovalutazione del pericolo da parte di molti cittadini italiani ebrei. Quelli che intuirono per tempo si misero in salvo emigrando; molti rimasero fino a quando, grazie agli elenchi stilati dall'amministrazione fascista, le SS andarono a prenderli nelle loro case, una famiglia alla volta o in grandi retate come a Roma. Altri ancora riuscirono solo all'ultimo momento a evitare il peggio, fuggendo oltre confine, nella neutrale e vicina Svizzera.

"Quando tutto questo sarà finito" parla proprio di uno di questi casi, quello della famiglia Ottolenghi, il papà Maurizio con la moglie Giulietta, i figli Vittorio (che diventerà il papà di Gioele) e il fratellino Stefano. La fortunata intuizione è quella di far raccontare in prima persona la vicenda al piccolo Vittorio, con una sorta di transfer di figlio in padre. Un io narrante che ripercorre gli anni anni dal 1938 al 1945 parallelo al suo passaggio dall'infanzia all'adolescenza.

Infatti l'infamia delle "leggi in difesa della razza" arriva nel settembre del '38 proprio mentre Vittorio deve iscriversi per la prima volta all'ambita scuola media Carducci di Milano. Non potrà farlo e sarà solo il primo atto di una serie di meschine angherie che la famiglia dovrà sopportare, per quanto mediate da quell'incapacità tutta italiana di applicare fino in fondo qualsiasi legge. Salvo poi scoprire che la salvezza arriverà proprio dalla ferrea applicazione delle norme di cui la Svizzera è ineguagliata campionessa.

In questo paradosso una delle chiavi del libro, insieme alla "normalità" tutta famigliare con la quale sono riportate vicende angoscianti, ma anche in qualche modo avventurose. Una normalità fatta di tanti piccoli e grandi eroismi. L'anormalità è data invece per esempio dalla grande delusione vissuta da Maurizio, che si sente prima di tutto italiano, poi fascista e dopo ebreo; un fascista idealista, della prima ora, doppiamente insultato dall'emergere di una legge vergognosa voluta e promulgata dal suo stesso partito.

Un libro che si legge tutto in un fiato, ricco di episodi che parlano di una "banalità del bene" che ti può sorprendere dietro l'angolo, come l'intervento, degno di un deus ex machina, di un ufficiale della Guardia di Finanza che quando tutto sembra perduto si offre volontario per accompagnare la famiglia in salvo oltre confine, mettendo a rischio se stesso senza nulla chiedere in cambio. Tanto che una domanda nasce spontanea: cosa succederebbe ora, nel nostro Paese, se si riproponessero situazioni analoghe? Sarebbe ancora possibile incontrare persone pronte al sacrificio?

Gioele Dix
Quando tutto questo sarà finito
Mondadori, Milano
Pagg. 151
Euro 16,50

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