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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 09:46.
L'ultima modifica è del 18 aprile 2014 alle ore 10:25.

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Una scena di "Gigolò per caso"Una scena di "Gigolò per caso"

Nel fine settimana pasquale troviamo un pokerissimo di film che attirano la nostra attenzione. Transcendence, il più atteso, delude: Wally Pfister, valido collaboratore di Nolan e fondamentale in Inception, andando dietro la macchina da presa paga una sfida, una storia troppo pesanti per lui e i suoi attori. Rio 2, animazione a colpo sicuro, si fa apprezzare dagli appassionati del genere e dai bambini che ne amano la spensieratezza e la grazia.

Ti sposo ma non troppo, commedia sentimentale degli equivoci, è semplice ma efficace. Ma i due assi nella manica sono, forse, quelli meno prevedibili. John Turturro, alla quinta regia con Gigolò per caso, si conferma cineasta pieno di sensibilità e profonda leggerezza, giocando con l'affollata solitudine dell'innamorato a cottimo Fioravante, e i Manetti Bros. cambiano ancora genere e fanno centro. Il loro poliziottesco musicarello ambientato a Napoli fa ridere, cantare e non ha mai cadute di ritmo.

Una sceneggiatura di ferro, che si perde verso la fine, non basta a Transcendence per entrare nel gotha della fantascienza distopica. La riflessione sul rifiuto della morte del mondo moderno, sui pericoli della Rete, della scienza senza paletti etici e dell'ossessione del controllo nella società moderna, sono senza dubbio interessanti e avvincenti. E per una buona metà tengono in piedi il film. Ma la piattezza della regia di Pfister, la recitazione indolente di un Johnny Depp sempre più lontano dai suoi standard passati e di una Rebecca Hall troppo fredda e inespressiva, appesantiscono il tutto, rendendolo un faticoso "polpettone" sul nostro latente luddismo.

Ben più leggero Rio 2, sequel di un'animazione riuscita e quindi da sfruttare subito al botteghino con un nuovo prodotto. Che non entusiasma ma che allo stesso tempo rispetta le aspettative con un'avventura amazzonica ben disegnata, in tutti i sensi. Blue Sky si conferma, tra gli studios dell'animazione, il meno fantasioso ma anche uno tra i più solidi, sempre attento all'equilibrio tra qualità del prodotto e la sua riuscita commerciale. Qui gli ingredienti ci sono tutti: buoni sentimenti e argomenti importanti (ambientalismo e affini), con un uso furbo dell'inevitabile simpatia degli animali.

Un accenno lo merita Ti sposo ma non troppo: Gabriele Pignotta conferma quanto di buono questo regista e attore ha fatto nella commedia teatrale, pur tenendosi al cinema su un terreno che non dimostra un'eccessiva originalità espressiva o narrativa. Pignotta si appoggia sulla sua pièce teatrale omonima, trova un'ottima sponda negli attori (Vanessa Incontrada, Fabio Avaro e soprattutto Chiara Francini, talento di commedia di livello unito a una giocosa sensualità, le comprimarie Cruciani e Andreozzi, Paolo Triestino) e porta a casa un lungometraggio che ha nel ritmo delle battute e nella solidità della scrittura i punti di forza.
Ma, dulcis in fundo, ci piace sottolineare che le opere della settimana sono due storie profondamente diverse, quasi opposte, che in fondo arrivano persino a toccarsi.
Gigolò per caso è una festa di cinema, con un cast eccellente nei nomi e anche nelle performance - da Sharon Stone a un Woody Allen inusualmente attore - e un artista come Turturro felice nel dirigerli quanto nel ritagliarsi un ruolo da protagonista spalla, che da interprete come da personaggio sa valorizzare chi gli è accanto.

Il suo Fioravante restituisce luce, bellezza e attenzione a signore più o meno affascinanti così come fa lui con i suoi compagni di set, finché non cade, il personaggio, nella dolce trappola dell'amore. La sceneggiatura sembra esile come ognuna delle storie di Fioravante con le donne che lo pagano per amplessi o coccole assortite, ma quando sembra esaurirsi poi si dipana come i tanti talenti del protagonista, allo stesso tempo utile, necessario, eppure superfluo. Una dolce contraddizione, come in fondo lo è la richiesta, e l'offerta, di un amore a pagamento, come lo è un uomo che sa trattare con la stessa grazia cavi, tubi, fiori e femmine. Come sa essere chi è solo in un'esistenza affollata.
Chiudiamo con Song'e Napule, nuova sfida vinta dei Manetti Bros. Che cambiano genere - dopo thriller, horror e fantascienza, ecco la commedia sentimental-musicale - per raccontare una città come Napoli e una musica maltrattata come quella neomelodica. La loro firma produttiva e creativa, però, è sempre unica e inimitabile. Ci si diverte, si tiene alta la tensione, ci si intenerisce.

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