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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2014 alle ore 09:33.

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In un pezzo sul futuro della fede religiosa pubblicato sul New Yorker il 29 novembre 1999, al tramonto di un altro secolo, il cristiano John Updike raccontava la sensazione strana di vedere in chiesa, la domenica mattina, uomini che fino a poche ore prima, nelle ricche, nitide cittadine della costa Est americana, si erano ubriacati e consegnati con passione ai piaceri della carne. Mi è venuto in mente questo frammento, leggendo le coltissime pagine di Libro (Bollati Boringhieri, in uscita il 30 aprile), l'indagine culturale appena pubblicata da Gian Arturo Ferrari, ex dominus della Mondadori e presidente uscente del Centro per il libro e la lettura. Updike era un uomo religioso, certo, ma era soprattutto uno scrittore – un esponente della cultura letteraria: un uomo del libro. Ora, sebbene i titoli considerati "letterari" non siano che un centesimo di un centesimo dei milioni che si danno alle stampe ogni giorno, è inevitabile credere che la cultura letteraria e la cultura editoriale siano gemelle siamesi. Più scende la curva d'importanza sociale della lettura, più scende la curva d'importanza sociale dell'editoria. In questo momento leggere ci costa fatica, più o meno lo stesso genere di fatica che prova un signore in hangover la domenica mattina, andando a Messa. C'è bisogno di leggere l'agile «sampietrino» (questo il nome della collana) di Gian Arturo Ferrari, per convincersi di un fatto incontrovertibile, liberatorio e per certi versi tremendo: stiamo assistendo alle primissime manifestazioni luminose di un'era nuova, un'era post-letteraria, un luogo del tempo storico durante il quale non già la "scrittura" (mai così intensamente praticata), ma la "lettura letteraria" (come sistema di valore reale) è senza dubbio in calo. Il nostro cervello ha bisogno d'altro. Il che non significa che ha bisogno solo d'altro, ma che lo spazio vitale si è ridotto, e infatti il mercato si è ridotto, e si ridurrà ancora a mio parere. Ecco cosa scrive Ferrari verso la fine della lunga cavalcata attraverso secoli, formati, strategie, possibilità e prospettive: «Quel che tramonterà è la logica che ha dominato la grande editoria libraria per tutto il Novecento. Secondo la quale la via maestra per diffondere il libro è assimilarlo a un bene di consumo, presentato, pubblicizzato, collocato e venduto con le stesse modalità e negli stessi luoghi di tutti gli altri beni di consumo». La realtà è che pochi immaginavano che alla tanto strombazzata "mutazione antropologica" si sarebbe sostituita una "mutazione neurologica", e quindi la capacità di focalizzarsi su un testo, per molti, sarebbe diventata meno importante, sia sul bilancino del tempo (chatto o leggo Lady Chatterley?), che su quello del denaro (compro app o compro Lady Chatterley ritradotta e ri-introdotta). Il livello dell'editoria, nel frattempo, non è mai stato così prezioso e minuzioso, e delizioso: un'epica delle nicchie.

Tutto ciò che ho scritto è a mio parere la più onesta verità, e onestamente brutale è pure Ferrari. Ciònonostante, di notte sogno infinite pile di libri, acquisto e realizzo e scrivo libri, e li leggo – anche se con più fatica, la stessa fatica della preghiera. Ma io, Ferrari, e te che leggi queste righe non apparteniamo alla fetta succosa del big data: siamo briciole, gonfie di convinzione. Al termine della felice immersione in Libro, penso all'epica delle nicchie, penso all'eccitazione di essere come i Perfetti, i sacerdoti catari che camminavano nelle foreste dei Pirenei di notte per non farsi massacrare dai cattolici. Siamo pronti per testimoniare, e nessuno ci torcerà un capello.

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