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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 07:35.

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Lexis Tsipras è il Rudi Garcia del calcio. A uno juventino può sembrare velleitario, ma parla bene, ha idee chiare, le espone chiaramente, non è mai fumoso, se lo ascolti e condividi qualcosa delle sue idee sei già suo. È bello in modo personale, ha le sopracciglia, ha una bella faccia. Ma c'è un problema: gli artisti e intellettuali italiani che hanno deciso di sostenere Tsipras alle elezioni europee hanno presente che la sfida è proprio fare come il suo leader. L'attrice di teatro Ilenia Caleo, presentando il greco al Teatro Valle occupato, a Roma, ha posto al pubblico questa domanda: «Siamo capaci di pensare – e di riuscire a parlare – non soltanto a chi proviene dalla nostra cultura politica, che in qualche modo arriva dal Novecento, ma a tanti, a molti, alla maggioranza, che è colpita dalla crisi e vuole reagire?».

Parlare agli altri è un'impresa complicata quando noi raffinatoni di sinistra ci siamo posti come obiettivo nella vita dire solamente cose che in astratto sono inattaccabili e che ci garantiscano di non aver ancora mai detto in vita nostra una cosa sbagliata. I due spot pubblicitari della lista Tsipras conoscono benissimo questo problema e i tunnel psichici di noi elettori di sinistra, sia Pd che Sel: entrambi i tipi presi in giro in quegli spot vanno agli spettacoli e alle assemblee del Valle e passano la vita divorati da dilemmi insolubili. Al primo tipo di elettori è dedicato lo spot in cui degli amici al bar, amici di sinistra perennemente divisi, spiegano a un attivista tsiprasiano tutti i motivi per non votare la lista T.: «E poi non hanno candidato neanche uno della minoranza slovena». «Se non c'è almeno una coppia gay candidata non li voto». «Una coppia di gay partigiani sloveni». Nella lista sanno che il problema di farsi un nocciolo duro di sostenitori di sinistra fra gli amanti del teatro danza (io, la mia fidanzata, ecc.) è che ci devono convincere con della cucina biosocioculturale: ogni ingrediente dev'essere perfettamente selezionato (gay partigiano sloveno). Questa ossessione dell'elettore raffinato si avvita fino all'incomunicabilità, e lo spot lo dice perfettamente.

Il secondo video prende di mira quegli spettatori del Valle che votano Pd, soprattutto Civati, e trovano comica la pagina Facebook Indiecivati dove si fa finta di scherzare sul fatto che Civati conosce i nomi giusti dei gruppi italiani: i Cani, lo Stato Sociale. Il giovane piddino, splendida figura della grande mitezza romana, è ritratto nello studio del suo analista, dove con l'anima pura ma ferita vive con schizofrenia e dinieghi e dissonanze cognitive la stagione della piccola grande coalizione: sa di aver "diversamente vinto", ma si illude che Renzi abbia trionfato alle elezioni politiche invece che alle primarie. E il suo ministro degli interni?, gli domanda crudelmente l'analista, e lui: «Pippo Civati!». No, non è Pippo Civati… E alla fine il poverino sbotta: «Evvaffanculo, se stamo a fa' scavalca' a sinistra dar papa!». Con slogan finale: «Se sei di sinistra e vuoi smettere di soffrire, vota l'altra Europa con Tsipras». I due video della lista Tsipras sono importanti: descrivono dall'interno il loop estetico da cui la sinistra dovrebbe uscire.

La strada sembrerebbe percorribile, visto che il leader greco parla in maniera semplice, e non solo ai convertiti. Ma evidentemente la nostra chiesa dei giusti ha bisogno delle prediche all'antica. Per questo, a chi di noi sta seguendo Tsipras come Rudi Garcia, capita di ascoltare omelie come quella di Luca Casarini, che al congresso nazionale di Sel predicava e blandiva: «Voi siete, prima che un partito, una comunità politica che s'interroga e cerca delle passioni […]. È difficile incontrare in Italia migliaia di persone che discutono a questo livello qui». Farsi pompini a vicenda, sempre. E: «Parlo della vostra generosità come intelligenza politica». Obiettivo: la «costruzione di un Comune che non si trova in natura e che non è la sommatoria di ciò che esiste: un Comune che è una pratica, la pratica del Comune». Il gergo, il gergo, sempre: «Non è dentro il terreno di misurazione della perfezione elettorale o elettoralistica, della tecnica e della tattica della politica elettorale ed istituzionale che noi scopriamo il motore del cambiamento». Tsipras lo sa che in nome del suo programma, "+ rappresentanza politica – austerità", i suoi seguaci parlano così? Con l'amico etiope di Ecce bombo sempre pronto a intervenire? Ecco la stessa Ilenia Caleo che al Valle si poneva il problema di parlare a tutti: «In Italia parliamo di beni comuni in senso non ideologico per dire questa capacità delle lotte, la capacità di auto-organizzare il lavoro, di pensare nuove forme di democrazia diretta, ripensare i processi di decisionalità, pensarli per più persone in modo diffuso, ripensare alle economie, praticare forme di cooperazione, di mutualismo: allora beni comuni è un modo per tenere insieme tante lotte diverse».

C'è «desiderio di immaginare un processo completamente nuovo, un processo che non sia un processo di sintesi artificiale, ma organico, che renda possibile l'esistenza di voci diverse, la diversità delle lotte e delle pratiche». Aggiunge Valeria Parrella, a Repubblica: «Detesto in politica il leaderismo e il personalismo […]. Io sono comunista e ho sempre votato in base ai programmi. […] Bisogna salvare l'idea dell'Europa ma lavorare per costruirne un'altra capace di recuperare i principi del Manifesto di Ventotene». E poi: "In Italia, non votando Partito democratico, mi sono accostata a partiti come Sel, Sinistra Critica, il Partito Marxista Leninista, adesso con Tsipras credo sia differente ed è possibile un grande successo». Tutto, sempre, tutto in una frase, sempre, per non avere mai torto. Perfino Barbara Spinelli, obiettivamente di un'altra generazione, a Otto e mezzo, presentando alla sua sinistra Alexis Tsipras, diceva: «Tsipras nelle ultime elezioni greche è stato descritto come il nemico numero uno in Europa. […] Il suo essere nemico per me è la migliore garanzia». Continuiamo così. Facciamoci del male.

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