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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2014 alle ore 18:52.
L'ultima modifica è del 02 maggio 2014 alle ore 18:57.

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Il corpo di ballo del Teatro Nazionale Croato di Zagabria al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste (foto V.Skledar - S.Cetkovic)Il corpo di ballo del Teatro Nazionale Croato di Zagabria al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste (foto V.Skledar - S.Cetkovic)

Una bella scoperta, al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, di un coreografo di talento come Edward Clug (poco conosciuto in Italia, ma con prestigiose collaborazioni internazionali e molti riconoscimenti, già direttore del Balletto di Maribor) e di una compagnia di gran livello da lui diretta, il Balletto del Teatro Nazionale Croato di Zagabria, con danzatori giovanissimi dotati di ottima tecnica ed espressività. In un'unica serata due balletti hanno mostrato l'estro coreografico del rumeno Clug, tra cui una sua versione de "Le sacre du printemps". Con un dichiarato tributo a Nijnskij e a Stravinskij, Clug crea una "Sacre" energica e primigenia proprio rifacendosi alla versione audace di Diaghiliev a noi nota dopo la ricostruzione filologica che ne ha fatto il Joffrey Ballet nel 1988. La rappresentazione, cioè, delle cerimonie di una tribù slava primitiva, tra le quali un culto sacrificale in cui una fanciulla, scelta per ballare fino alla morte, viene immolata per propiziare gli dei pagani della primavera. Audace soprattutto per gli improvvisi salti ascensionali, le posizioni di profilo, l'uso dei piedi, elementi tutti che rompevano le convenzioni ballettistiche e in sintonia con la partitura ritmicamente vitale di Stravinsky non costruita sulla melodia. Clug riprende alcuni gesti e movimenti, e li arricchisce con sequenze di coppie, cadute a terra, cerchi, blocchi frontali e in diagonale. Con un chiaro riferimento alla storica versione mette agli uomini delle barbe posticce e alle donne, con le guance rosse, delle lunghe trecce. Ricrea una comunità arcaica, con i danzatori in body color carne dipinti di biacca. Come a riesumarli, immersi in una costante nebbia, da un letargo. Elemento determinante è l'acqua che irrompe all'improvviso dall'alto fino a formare un lago dove i danzatori scivolano, saltano, corrono. Simboleggia l'inizio della primavera, la promessa di nuova crescita, ma anche elemento purificatore e di morte. E di ritorno alla vita.

Accanto al celebre titolo non è da meno "Six epigraphs antiques – En blanc et noir", per bellezza compositiva, e per la capacità di Clug di entrare dentro le note evanescenti di Claude Debussy e tirarne fuori figurazioni in movimento in un gioco astratto ora energico, ora cupo, ora scherzoso, con uno stile di fattura neoclassica su cui spuntano rigogliosi gesti contemporanei. Immersi in una tenue luce azzurra cangiante in più chiare zone, i ballerini siedono su una lunga panchina bianca, rettangolare, senza il lato frontale, che funge da specola e da luogo di sosta. Dislocati in più punti, visivamente sembrano ciascuno una luminosa nota scritta sulle righe di uno spartito. Note che si animano formando coppie, terzetti, quartetti, che a turno si alzano intrecciando fluide combinazioni multiple e di gruppo, per poi ritornare a sedersi lasciando ad altri le successive variazioni. Nei tre movimenti per due pianoforti che compongono la partitura, l'impressionistica fantasia di Debussy è espressa anzitutto nei colori dei costumi dei ballerini, un verde marino per le donne, e un azzurro acquatico per gli uomini, tutti con pantaloni neri. La coreografia, ispirata dalla musica, ci immerge in quello che è il momento creativo o di lezione, con una sorta di maitre de ballet che di tanto in tanto s'alza a dare indicazioni, a correggere le sequenze in azione, e con qualcuno che sfugge avanzando sul proscenio delimitato da un verde prato, sdraiarsi o guardare oltre. Non c'è storia, solo rifrazioni di sogni, riverberi della nostra immaginazione. Che incantano.

"Six epigraphs antiques – En blanc et noir", e "Le sacre du printemps", su musiche di C. Debussy e I. Stravinski, coreografie di Edward Clug, Corpo di Ballo del Teatro Nazionale Croato di Zagabria, scene di Marko Japelj, costumi Leo Kulaš, Orchestra del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste diretta dal M° croato Mladen Tarbuk. Al Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste.

www.teatroverdi-trieste.com

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