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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2014 alle ore 22:22.
L'ultima modifica è del 13 maggio 2014 alle ore 16:59.

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Il sogno di un ragazzo che voleva fare l'attore, morto a 28 anni durante la seconda guerra mondiale, è diventato realtà. Nel suo testamento il giovane conte-attore Nicolò Piccolomini, sedicesimo conte della Triana, lasciò gran parte dei suoi beni (la seicentesca villa Piccolomini in via Aurelia Antica a Roma e alcuni terreni e immobili circostanti) agli artisti teatrali anziani e indigenti. «La storia di questo giovane, diviso tra i doveri familiari e la passione per il palcoscenico – spiega Benedetta Buccellato, presidente della Fondazione Nicolò Piccolomini per l'Accademia d'arte drammatica - è raccontata in un cortometraggio realizzato dalla Fondazione e dall'Amaro videoproduzioni, per la regia di Giovanni Battista Origo, con la partecipazione di Giuseppe Cederna, di Claudio Bigagli e degli allievi attori dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica. La stessa Accademia che Nicolò frequentò, ai tempi della direzione di Silvio D'Amico». Un viaggio nella casa e nel parco del Sole del sedicesimo conte della Triana per osservare l'utilizzo della sua tenuta dove i giovani provano le scene che lui avrebbe saputo suggerire.

Il giovane conte - attore - che annoverava fra i suoi illustri antenati papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini - riuscì a mettere in scena un paio di spettacoli teatrali con i suoi ex compagni, poi scoppiò la guerra e il tenente pilota Piccolomini abbandonò copioni e messinscene per servire la patria, ma morì in volo, nel cielo dell'aeroporto di Napoli. «Prima di partire - racconta Benedetta Buccellato - aveva però lasciato un testamento: in caso di morte tutti i beni da lui ereditati dalla madre scomparsa, Anna Menotti in Piccolomini, sarebbero andati ai suoi colleghi attori anziani e indigenti». Ci vollero anni prima che Silvio D'Amico, nominato esecutore testamentario, riuscisse a dar vita alla Fondazione. Il conte padre, Silvio Piccolomini, racconta ancora Benedetta Buccellato, «si oppose strenuamente alle volontà testamentarie e avversò in tutti i modi la nascita della Fondazione intitolata a quel suo unico figlio sognatore».

Finalmente la Fondazione nacque, nel 1943, ma, fino a pochi anni fa, non era riuscita a dare corpo al desiderio di Nicolò. La villa è stata anche sede di rappresentanza della Regione Lazio. La Fondazione fu commissariata fino a che, nel maggio del 2009, venne occupata dagli attori italiani che chiedevano che tornasse un regolare Cda e venisse attuato lo scopo statutario. «In questi ultimi anni, pur tra tante difficoltà, la Fondazione riesce ad assegnare tramite un bando pubblico aiuti economici sempre più cospicui, amministrando in trasparenza i beni ereditati da Nicolò». Da ricordare che si tratta di un Ente morale, poi trasformato in Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (il Cda viene nominato dalla Regione Lazio, ma non ci sono contributi pubblici di nessun tipo).

A fianco al lavoro di gestione e al perseguimento dello scopo statutario, la Fondazione è diventata un punto di riferimento non solo per gli artisti anziani e indigenti, ma anche per gli artisti più giovani e di tutti coloro che lavorano con grande difficoltà nel teatro italiano, progressivamente impoverito e da sempre non normato da una legge dello Stato. Proprio il 1° maggio nella villa si è svolta la quarta festa dei lavoratori dello spettacolo e della cultura. «La festa – spiega Benedetta Buccellato – ha l'obiettivo di mettere in evidenza, da un lato, il grave disagio e la perdita dell'identità del lavoratore italiano dello spettacolo, dall'altro l'esigenza di dare un concreto futuro a tutti coloro che operano per la cultura del nostro paese».

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