Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2014 alle ore 11:30.
L'ultima modifica è del 09 maggio 2014 alle ore 11:42.

My24

Tutto iniziò con delle innocue bufale alimentari, leggende metropolitane che vedono annoverati tra i piatti tipici della tradizione italiana specialità che di Italiano hanno a malapena il nome, ma spopolano al di fuori di casa nostra. Tra i più gettonati gli spaghetti with meatballs - di cui tutti ricordano la versione cinematografica nel cartone Lilli e il Vagabondo - che secondo l'immaginario collettivo sono un "classicone" nostrano, al pari dei diffusissimi spaghetti bolognesi - anche se a Bologna ancora si domandano chi li abbia inventati.

Ci sono poi le pizze con ingredienti assurdi, salame, ananas, banane, ostriche, patate fritte, solo per citarne qualcuno. Paese che vai usanza che trovi... vero è che in quelli anglosassoni abbiamo visto stemperare il pesto con la panna - stesso trattamento riservato alla carbonara dopo aver ovviamente rimpiazzato il guanciale con il bacon - e spolverare con del parmigiano un piatto di linguine allo scoglio. Pazienza, fintanto che ci si limita ad adattare la tradizione gastronomica di un altro paese al palato locale gli unici danni che si possono fare sono quelli al proprio stomaco.

Il discorso però cambia quando si parla di contraffazione e falsificazione dei prodotti alimentari made in Italy. Questo fenomeno si allarga a macchia d'olio, producendo sempre maggiori danni alla nostra già traballante economia e, secondo le ultime stime Coldiretti, costerebbe all'Italia 300.000 posti di lavoro. Dal rapporto "Agromafie", da Coldiretti elaborato con Eurispes nel 2013, Il fatturato del falso Made in Italy - nel solo settore agroalimentare - ha superato i 60 miliardi di euro, quasi il doppio del fatturato delle esportazioni nazionali degli stessi prodotti originali. È giunto il momento di fare pressione affinché la comunità europea stipuli degli accordi mirati con l'organizzazione Mondiale del Commercio ( WTO) prima che sia troppo tardi.

Il fenomeno denominato "italian sounding" colpisce i nostri prodotti più rappresentativi – specie nei mercati emergenti, dove i falsi sono più economici - condizionando le aspettative dei consumatori e arrecando un danno d'immagine incommensurabile. Già i nomi di questi prodotti dovrebbero insospettire. Acquistare un Parma Salami prodotto in Messico, o una Mortadella Siciliana che arriva dal Brasile dimostra come l'assenza di gusto vada di pari passo con la totale ignoranza della geografia. Come si può pensare che una salsa Roman Style arrivi dalla California, il Pesto ligure dalla Pennsylvania, un condimento Bolognese dall'Estonia o un formaggio Pecorino possa essere prodotto in Cina con latte di mucca?

Che le denominazioni più famose - Grana Padano e Parmigiano Reggiano - siano anche le più copiate è scontato. Gli US producono il Parmesan, in Brasile spopola il Parmesao, in Argentina il Regianito, solo per citarne alcuni. Ciò che è preoccupante è il diffondersi in rete di appositi Kit per la produzione casalinga dei più famosi formaggi italiani. Ed ecco come – grazie a un improbabile intruglio di pillole e polveri realizzate in tutto il mondo – sia possibile produrre a casa propria una mozzarella in soli 30 minuti.
La moda fai-da-te ha avuto inizio con i wine kit che nella sola Ue hanno portato ad una produzione stimata di circa 20 milioni di bottiglie l'anno. È inaccettabile che questi fenomeni siano tollerati all'interno dell'unione Europea. Ancora più grave, che azioni come quelle dell'Interpol, atte a bloccare in Gran Bretagna la vendita dei wine –kit, risultino assolutamente vane. Basta elaborare i nomi in modo fantasioso per tornare sul mercato in tempo record. Il Barolo diventa Barollo, il Cantia – che in inglese suona più o meno come Chianti – rimpiazza l'originale, Il Valpolicella si trasforma in Vinoncella e il Brunello di Montalcino lascia il posto al Monticino. Il fenomeno dell'Italian sounding esiste da anni e se non corriamo ai ripari per tutelare il nostro patrimonio agroalimentare, tempo qualche decennio tutta l'Europa potrebbe essere invasa da prodotti infimi con nomi vagamente nostrani. Il solo pensiero toglie l'appetito.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi