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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2014 alle ore 18:34.

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Che cos'hanno in comune il regista Terrence Malick e l'ex presidente Bill Clinton? La presentatrice Rachel Maddow e l'astronomo Edwin Hubble? Il filosofo Charles Taylor e la star del football Myron Rolle? Hanno tutti trascorso un periodo a Oxford grazie alla più prestigiosa borsa di studio del mondo: la Rhodes Scholarship. Istituita nel 1902, alla morte di Cecil John Rhodes (fondatore della De Beers e della Rhodesia, l'attuale Zimbabwe), la borsa ha coltivato, lungo tutto il XX secolo, un modello di eccellenza postcoloniale, basato su una sapiente combinazione di energia e di tradizione.

Le migliori promesse selezionate tra il Nordamerica e il Commonwealth britannico, calate nello stampo dell'Alma Mater dell'ultimo impero europeo: una finishing school da sogno per i padroni del XX secolo.
Oggi la Rhodes fa un po' l'effetto della Camera dei Lord: il prestigio c'è ancora, ma la funzione un po' meno. Ecco perché, da bravo squalo della finanza, il fondatore di Blackstone Stephen Schwarzman ha visto lo spazio per una nuova Rhodes. Finanziata con 370 milioni di dollari, la Schwarzman Scholarship offrirà a duecento studenti provenienti da tutto il mondo (45 per cento americani, 20 per cento cinesi, 35 per cento resto del mondo) la possibilità di perfezionarsi all'università Tsinghua di Pechino. È la prima volta che, anziché costruirsi un monumento a Stanford o in qualche campus del New England, un magnate americano attraversa il Pacifico per iscrivere il proprio nome sulle pareti di un'università cinese. Ma non si tratta di una manifestazione di sudditanza culturale. Al contrario, Schwarzman si è posto il problema di contrastare il vero deficit che i Paesi occidentali stanno accumulando nei confronti della Cina.

Altro che bilancia commerciale, il vero gap ormai sta nella cultura delle nuove classi dirigenti. Dall'inizio degli anni Duemila la Cina ha superato tutti gli altri Paesi per numero di iscritti nelle migliori università americane. Se, in passato, i ragazzi cinesi erano costretti a competere per le poche borse di studio offerte dal governo della Repubblica Popolare, oggi quasi tutti si pagano gli studi da sé. E l'unico limite sono i tetti che la maggior parte dei college dell'Ivy League ha introdotto per non essere invasa dagli studenti asiatici (che polverizzano i colleghi americani ed europei nei test di ammissione). Il risultato di questo fenomeno è la nascita di una nuova élite autenticamente globale. I giovani cinesi che hanno studiato negli Stati Uniti sono pronti a conquistare il mondo perché, al contrario dei loro colleghi europei e americani, lo conoscono. Hanno i piedi ben piantati nella cultura dell'Asia orientale, ma hanno anche accesso al meglio di quella occidentale. Si scambiano le playlist su Spotify, ridono alle battute di Jimmy Fallon, ma poi quando aspettano un figlio rivalutano l'antica arte del taijiao, l'educazione prenatale dei bimbi che prevede che i pancioni delle mamme siano esposti a melodie armoniose e alla vista di begli oggetti per raffinare il gusto dei nascituri. Il loro è uno stile ibrido, di un cosmopolitismo estremo, del tutto ignoto ai loro colleghi occidentali.


A fronte delle decine di migliaia di giovani manager e professionisti asiatici educati nelle migliori università americane che si muovono con disinvoltura tra le due sponde del Pacifico, quanti sono i giovani europei o americani in grado non tanto di spiccicare due parole di mandarino o di cantonese, quanto semplicemente di partecipare a una cena formale a Pechino o a Singapore senza offendere la metà dei commensali per ignoranza delle più elementari regole di cortesia? Le nostre università – anche le migliori – continuano a sfornare professionisti monoculturali, capaci tutt'al più di fare la spola tra Londra e New York, ma non certo di compiere il grande salto verso quella che Malraux chiamava l'altro polo dell'esperienza umana: la Cina e le culture dell'Asia orientale. Eppure è nell'intermezzo che si formano le nuove élite globali. Proprio lì dove, a partire dal giugno 2016, andranno ad abitare i duecento alunni dello Schwarzman College di Pechino.

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