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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2014 alle ore 09:34.
Se il primo libro risale al 1555 (Trattato del giuoco della palla, scritto da un teologo di Salò e stampato a Venezia), è evidente che nella sua interezza la vicenda assuma contorni epici, di gesti e umanità diversi dagli attuali. Eppure si può rintracciare una costante: ci sono sempre stati un certo galateo da rispettare, un'educazione con tutti i crismi e fra questi i più importanti riguardano il comportamento da tenere in campo: «Quando il gioco inizia fate silenzio»; «Non lamentatevi né borbottate finché si gioca il punto»; «Non gridate e non disturbate nessuno», si tramanda nei testi sacri del gioco da metà 800. Tutto ciò ha tenuto per decenni, fondamentalmente fino all'era Open e allo sbarco di due yankee a cui non avevano passato i vangeli: James Scott Connors – Jimmy – e John Patrick McEnroe Jr. Da quel momento, addio non lamentatevi, addio fate silenzio, soprattutto addio non gridate.
Se memorabile fu quel «You cannot be serious» berciato a tutta gola in direzione del giudice di sedia nientemeno che nel tempio sacro di Wimbledon (1981), si può dire che nel circuito professionistico da quel preciso istante cambiarono le regole non scritte, terminò la prima fase del gioco – durata la sciocchezza di qualche secolo – e cominciò il McEnroismo. Decine i tennisti che in barba alla tradizione cominciarono a urlare e insultare arbitri, giudici di linea, supervisor, avversari e talvolta anche pubblico, per l'inorridimento assoluto dei custodi del gioco (lo sa bene chi è cresciuto con le telecronache del sommo Gianni Clerici). Tutto ciò fino all'avvento e alla progressiva diffusione di "Occhione" (copyright sempre di Clerici), conosciuto anche come Hawk-Eye (e subito italianizzato in "Occhio di falco"). Intanto la nozione: si chiama così non tanto per le capacità visive dei pennuti, ma quanto perché il suo inventore si chiama Paul Hawkins. Ogni appassionato ha ormai dimestichezza con il mezzo: 8, talvolta 10 telecamere di precisione, in grado di tracciare la traiettoria della palla con un margine di errore di 3,6 millimetri (la pallina da tennis ha un diametro di 67 millimetri, il che equivale a una percentuale del 5 per cento di errore relativo).
In ogni caso, dal marzo 2006 – esordio di Occhione a Key Biscayne – a oggi, in effetti le intemperanze dei giocatori in campo sono diminuite. Non che Occhione non sia mai stato messo in dubbio: ci si ricorda di un Rafael Nadal inviperito a Dubai nel 2007 in un match contro il russo Mikhail Youzhny, di una semi-comica finale di Wimbledon 2009 tra Roger Federer e Andy Roddick in cui i due giocatori, a turno, allargavano le braccia increduli per le chiamate di Hawk-Eye o di una mastodontica svista durante una partita tra Andy Murray e Ivan Ljubicic (Indian Wells, 2009), quando il challenge dello scozzese mostrò la pallina del croato al centro della riga (si capì successivamente che Occhione aveva considerato il secondo rimbalzo invece del primo). Ma comunque, ed è un fatto, le urla contro gli arbitri sono drasticamente calate. Si può dunque sancire l'estinzione definitiva del McEnroismo? Per rispondere alla domanda può venire in aiuto un match giocato dal belga Xavier Malisse e dallo spagnolo David Ferrer a Key Biscayne nel 2005.
Malisse, uno dei talenti incompiuti più cristallini degli ultimi 15 anni, viene squalificato, sul punteggio di 6-3 5-5 in suo favore. L'accusa è quella di reiterati abusi verbali. Una giudice di linea ne è sicura: ha sentito tutto. Indimenticabile la successiva esplosione: il belga sbraita, giura e stra-giura di non aver detto nulla, spacca racchette, si sdraia sul campo e si precipita minaccioso verso la colpevole urlandole con furia belluina: «You know what you've doooone?», prima di lasciare il campo. Per debellare definitivamente il McEnroismo quindi, oltre a Occhione potrebbe servire anche Orecchione.
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