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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2014 alle ore 20:15.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2014 alle ore 20:30.

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Alice Rohrwacher che vince il Grand Prix con «Le meraviglie» e Sofia LorenAlice Rohrwacher che vince il Grand Prix con «Le meraviglie» e Sofia Loren

La Palma d'Oro va a Nuri Bilge Ceylan: tra i grandi favoriti della vigilia, «Winter Sleep» ha vinto il premio più ambito del Festival di Cannes 2014 sbaragliando la nutrita concorrenza. Raffinato esempio di cinema da camera, con protagonista un ex attore ora proprietario di un piccolo hotel, ha conquistato la giuria presieduta da Jane Campion e buona parte della critica che ne ha esaltato lo spessore stilistico e il forte messaggio morale. Per il regista turco, più volte premiato a Cannes per le sue opere precedenti, è in assoluto il riconoscimento più significativo ottenuto in carriera.

Vittoria importantissima è anche quella di Alice Rohrwacher che porta in Italia il Grand Prix grazie a «Le meraviglie»: il film di casa nostra, incentrato sulla difficile esistenza di una famiglia di apicoltori, ha diviso la stampa italiana ma ha convinto quella internazionale. Al suo secondo lungometraggio, dopo «Corpo celeste», Alice Rohrwacher (classe 1981) entra così in uno degli albi d'oro più prestigiosi dell'universo della settima arte. Meritatissimi il premio per il Miglior Regista a Bennett Miller («Foxcatcher») e i premi della Giuria assegnati ex aequo a «Mommy» di Xavier Dolan, uno dei film più acclamati dalla critica e allo sperimentale e coraggioso «Adieu au langage» del maestro francese Jean-Luc Godard. La menzione per la miglior sceneggiatura, invece, a «Leviathan» del russo Andrei Zvyagintsev, La Palma d'Oro per il miglior attore è andata a Timothy Spall, notevole nei panni del pittore William Turner in «Mr. Turner» di Mike Leigh, mentre quella per la miglior attrice è stata vinta da Julianne Moore per la sua intensa prova in «Maps to the Stars» di David Cronenberg.

Le altre sezioni
Nelle sezioni collaterali, «White God» dell'ungherese Kornél Mundruczó è stato votato come miglior film di Un Certain Regard: la storia è incentrata su un'immaginaria apocalisse in cui i cani (due di questi hanno vinto anche la bizzarra "Palm Dog") si ribellano agli uomini. La giuria, capitanata dal produttore e regista argentino Pablo Trapero, ha premiato anche l'intenso «Turist» di Ruben Östlund (Premio della Giuria) e «The Salt of the Earth» (Premio speciale), documentario sul fotografo Sebastiao Salgado, firmato da Wim Wenders e dal figlio dell'artista, Juliano Ribeiro Salgado. Al film francese «Party Girl», diretto a sei mani da Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Theis, è andato un riconoscimento per l'insieme del cast (oltre alla Caméra d'or come miglior opera prima della kermesse) e a David Gulpilil di «Charlie's Country» il titolo di miglior attore. Snobbati, invece, il toccante «Jauja» di Lisandro Alonso e «Incompresa» di Asia Argento.

La Quinzaine des Réalisateurs ha visto il trionfo del francese «Les combattants», una curiosa storia d'amore che ha segnato l'esordio dietro la macchina da presa di Thomas Cailley. All'interno della categoria per il miglior cortometraggio, al primo posto «Leidi» del colombiano Simon Mesa Soto. Infine, una grande soddisfazione per il film ucraino «The Tribe» di Myroslav Slaboshpytskiy che si è guadagnato il premio principale della Settimana della Critica con un'opera coraggiosa, ambientata in un istituto specializzato per sordomuti.

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