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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2014 alle ore 09:16.

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«Non c'è nessuna politica che incentivi i collezionisti e favorisca gallerie e artisti. Il regime fiscale a cui siamo sottoposti è un vero limite per il collezionista italiano». A dirlo è Matteo Viglietta, che, con Bruna Girodengo, ha dato vita a La Gaia, una delle più prestigiose collezioni private – immersa nella collina verde di Santo Stefano, frazione di Busca (Cuneo), visitabile su appuntamento (www.collezionelagaia.it) – e forte di 1.700 opere.

«Il nostro – spiega – è un settore dove solo la maestria e la tenacia degli attori garantisce la sussistenza del sistema. Anche perché altro grosso limite e pericolo sono i tanti collezionisti speculatori che riempiono fiere e aste. Ci sono veri e propri trend che si possono individuare nell'ascesa e caduta di giovani artisti, che vengono mangiati, digeriti e sputati da questo sistema fatto solo per macinare denaro».

Come si è sviluppata nel tempo la vostra collezione?
È nata da un viaggio alla scoperta dell'arte intrapreso circa 40 anni fa e che continua con passione. Dapprima poche opere a cui si sono aggiunti lavori sempre più impegnativi in termini di spazio e allestimento, motivo per cui dodici anni fa abbiamo deciso di costruire uno spazio che ci permettesse di soddisfare i nostri occhi e condividere con gli altri il nostro personalissimo percorso.

Quali sono gli artisti della vostra selezione?
Il nucleo portante della collezione trova le sue radici nel Concettuale e Minimal (Serra, Judd, Andre, LeWitt, Weiner), comprendendo alcune scoperte fatte più di recente come William Anastasi, Franz Erhard Walther, e poi l'Arte Povera italiana, e nomi per noi imprescindibili come David Hammons, Paul McCarthy, Thomas Hirschhorn, Doris Salcedo, Mike Kelley, Bill Viola e Vija Celmins. Tra i più giovani, Tracey Emin, Micol Assael, Hans Schabus. Più di recente poi abbiamo intrapreso un percorso nella fotografia concettuale italiana e internazionale e poi abbiamo sempre avuto un'attenzione particolare per molte artiste che hanno utilizzato il proprio corpo come strumento della lora creatività da Marina Abramovic a Caroleen Schneemann a Sanja Ivekovic, Valie Export, Gina Pane e Hannah Wilke.

Il fil rouge che collega la raccolta?
Le opere sono eterogenee come pure i movimenti, le epoche, le generazioni. Ma quello che tutti comprendono venendo in visita alla nostra collezione è che l'arte per noi non è mai stata un ornamento, un pretesto o un divertimento. Anzi molte delle opere che abbiamo acquisito ci hanno infastidito, disturbato, ponendoci domande o stimolando sensazioni e riflessioni scomode. Ci siamo resti conto col passare degli anni che le opere meno "problematiche" erano anche quelle per cui perdevamo presto interesse.

Siete favorevoli a fare dei prestiti?
Siamo disponibili a prestare le opere quando non sono impegnate nel nostro allestimento che cambia ogni anno. Ovviamente chiediamo garanzie.

Quali sono i Pesi di riferimento?
Inizialmente erano la Germania e gli Stati Uniti, ma oggi anche i Paesi di culture emergenti, asiatiche e africane, o che sono state emarginate come i Paesi dell'Est Europa.

Quali artisti avete ceduto e perché?
In passato abbiamo ceduto molte opere, ma si trattava perlopiù di scambi che nascevano dalla volontà di liberarsi di opere che ci sembravano ormai "mute" ai nostri sensi, scambi finalizzati all'acquisizione di nuovi lavori quasi sempre cedendo del moderno per acquisire del contemporaneo. Di recente, però, non riusciamo più a liberarci nemmeno di eventuali errori, tutto fa parte della nostra storia di cui non vogliamo rinnegare niente.

Come si alimenta economicamente la vostra collezione?
La collezione si alimenta attraverso i nostri risparmi e i proventi che derivano dalla mia attività imprenditoriale (Viglietta Group, attivo nel settore ferramenta, ndr).

Avete un curatore?
Abbiamo collaboratori che si prendono cura della collezione, ma non abbiamo mai avuto un curatore che scegliesse per noi una linea curatoriale o ci guidasse negli acquisti.

Quale forma giuridica avete scelto per la collezione e tutto ciò in vista di una trasmissione o donazione futura?
La nostra è una collezione privata. Non abbiamo mai voluto trasformarci in una fondazione, per mantenere piena autonomia di decisione e azione. Non credo che questo cambierà. Per quanto riguarda il futuro, chissà. Una donazione è esclusa però, perché non abbiamo molta fiducia in come lo Stato gestirebbe questo patrimonio di opere e documenti. Non vorremmo che questi lavori si perdessero in qualche deposito a prendere polvere.

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