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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 09:15.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:39.

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La vita è un imperativo costantemente sgambettato dalla precarietà. Nell'umana nostalgia di una sceneggiatura chiara e provvidenziale, la realtà si comporta in modo ostinatamente realistico. Impietosamente lineare nei plot drammatici, ma spesso avara o misteriosa nel lieto fine. E ognuno ha il suo budget di fede varia, con cui fare investimenti di vita o di sopravvivenza. Quando «difficoltà» diventa sinonimo, in rima disperata, di «realtà», c'è chi invoca santi, chi superpoteri umani, chi si perde o affonda.

Costretti spesso a dimenticare che esiste, in realtà, una grande regista, capace di svirgolare le trame più cupe e di comporre in un primo piano di solidarietà i tratti amari dei guai. È la buona volontà. Quella di chi non ha nulla ma dà tutto, per puntellare voragini, senza clamore, come un anziano che ospita in casa una famiglia bisognosa o un giovane che pompa cuore e muscoli in una povera missione lontana. E quella di chi, dotato di straordinarie facoltà di spirito, mente e portafoglio, impasta la propria fortuna con il senso della precarietà e ne fa miracoli. Può capitare, dunque, che un soprannominato «Wolf» della finanza, figlio di un facoltoso imprenditore che ha sempre lavorato e accumulato al ritmo di un «nessuno ti regala niente», faccia del dono un imperativo di empatia e, convinto che «l'altro nome della precarietà è avventura», si trasformi in Angelo Invisibile, benefattore anonimo tra le strade e le biografie oscure di una metropoli.

Dotato di un potere di generosità così semplicemente umano, eppure così sovrumano e sospetto per un'umanità disabituata a riconoscersi nei drammi altrui, quelli a portata di pianerottolo, di quartiere, di parrocchia. «Ma perché?» si rivela, dunque, l'avversario in forma di interrogativo di ogni slancio di solidarietà. Esasperante quanto i morsi della crisi economica, sperimentata dallo stesso Angelo Acrobata della finanza, o le fughe imperdonabili degli amici ricchissimi e tutt'altro che prodighi. «La vera storia del benefattore anonimo che aiuta chi è rimasto indietro» racconta - alternando al percorso autobiografico le microstorie dei macrodrammi di povertà e solitudine - opere e «miracoli» di una generosità che da spontanea e random si è responsabilmente organizzata attraverso la collaborazione con il Corriere della Sera e la rubrica delle Lettere al giornale e con la creazione della Fondazione Solidarietà.

Un libro di commovente intelligenza -quella emotiva, comune e rara al tempo stesso- la cui migliore recensione è un passaparola. Perché se il benefattore è tutt'ora anonimo nonostante la fama mediatica, la povertà ha il nome di Dorina, Giuseppe e Irma, Salvatore, Bacho o Stella. Ed è in attesa di un lieto fine che ci battezza tutti, nessuno escluso, come Potenziali Benefattori.

L'Angelo Invisibile
"La vera storia del benefattore anonimo che aiuta chi è rimasto indietro"
Feltrinelli, pagg. 192, euro 17,00
www.fondazionecondividere.org

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