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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2010 alle ore 08:55.
L'ultima modifica è del 01 ottobre 2010 alle ore 09:58.
Ai tempi di Aldo Moro erano le «convergenze», oggi sono le «debolezze parallele» a tenere in piedi la legislatura. Da una parte Silvio Berlusconi che – come spiega oggi sul Sole 24 Ore Roberto D'Alimonte – sembra aver perso spinta come unificatore del centro-destra italiano e vede erodersi la maggioranza. Dall'altra un Pd alle prese con l'eterna sindrome del Conte Ugolino che lo vede divorare i propri eredi. In mezzo un arcipelago di centro in cerca di autore. Un quadro troppo incolore per prefigurare una seconda parte di legislatura "costituente", come auspicato da Berlusconi ieri al Senato, troppo fragile per permettere subito un ritorno alle urne.
Ecco allora che le elezioni a marzo-aprile sono il nuovo tam tam, che esce dalle colonne dei giornalisti cosiddetti «retroscenisti» e rimbalza nelle parole dei leader politici, su tutti Umberto Bossi e Bobo Maroni. La primavera, stagione di rinascita e palingesi, urgente ma non troppo, della democrazia del fare. Ma a primavera mancano sei mesi. Un tempo infinito nel turbocapitalismo della world economy.
L'Italia è sul crinale accidentato di una ripresa aspra. Con un sistema produttivo che insegue le poche opportunità, in casa e all'estero, e prova a superare le difficoltà di una stagione senza precedenti dal 1929. Perciò oggi più che mai sarebbe necessaria una politica in grado di decisioni rapide, efficaci, incisive.
C'è una riforma dell'università che non può affondare in parlamento tra i marosi della sessione di bilancio, una revisione del sistema degli incentivi alle imprese che non può continuare ad attendere un ministro che non c'è, centinaia di crisi aziendali - con relativi posti di lavoro e migliaia di famiglie in attesa - che ai tavoli ministeriali rischiano di restare irrisolte. Eppoi il federalismo fiscale, che dopo essere annunciato come una panacea dell'albero storto del sistema fiscale, resta lì, tra i veti incrociati interni alla maggioranza.
C'è, ancora, da completare il Piano nazionale della ricerca del ministro Gelmini e c'è da sbloccare, come spiegano in pagina Carmine Fotina e Davide Colombo, un bel po' di fondi per chi ha già investito. Per non parlare del piano di riforme da presentare all'Europa nei prossimi mesi, che non può ridursi a un libro dei sogni.