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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 16:50.
L'Ocse presenterà oggi l'outlook d'autunno, segnalando il rallentamento della ripresa e le difficoltà del passaggio di testimone tra la crescita sostenuta dalle politiche economiche e quella spinta dal ritorno di investimenti e consumi. Proprio quando alla porta bussano nuove emergenze, a partire da quella irlandese. Pier Carlo Padoan, numero due e capo economista dell'organizzazione, è convinto che tutti questi ostacoli verranno superati, senza nascondersi la gravità della situazione.
Ma non eravamo già entrati nel dopocrisi?
No, la crisi non è ancora finita e anzi siamo in una fase molto delicata. Perché c'è un gruppo di paesi con grossi problemi - Grecia, Irlanda e Portogallo - e perché in ognuno di questi paesi, sia pure con accentuazioni diverse, c'è un mix di problemi: fiscali, finanziari e di competitività e crescita.
Quanto dobbiamo preoccuparci?
Nessuno di questi paesi, per varie ragioni, ha un immediato bisogno di liquidità. C'è invece una caduta di fiducia da parte dei mercati, che va ricostruita rapidamente. L'Europa ha tutti gli strumenti per farlo, è sufficiente usarli.
La nazione in difficoltà però deve chiedere aiuto. E l'Irlanda in questi giorni ha mostrato una certa resistenza.
Da parte di Dublino c'è un malinteso senso di orgoglio nazionale. Eppure dobbiamo essere molto onesti con noi stessi: oggi molti paesi avanzati sono meno virtuosi di alcuni emergenti. E le soluzioni ai problemi non sono indolori. Anche se rappresentano una formidabile occasione per cambiamenti strutturali.
Ci sono rischi di contagio?
Sì. La malattia si sta circoscrivendo, però i pericoli ci sono ancora. Non per i paesi ma per i sistemi bancari. Ovviamente quelli più esposti con le nazioni in difficoltà, penso in particolare a quelli tedesco e francese.
Eppure si continua a parlare della Spagna.
La Spagna ha varato misure serie e sostanziali. E soprattutto ha saputo mettere in discussione il proprio modello di sviluppo. Riconquistando la fiducia dei mercati.
E l'Italia?
È decisamente fuori dal gruppo di paesi a rischio. Ha un debito alto, è vero, ma costante. Anche durante la crisi è salito pochissimo. I mercati si spaventano quando c'è una rapida progressione del debito.