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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 07:45.

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RIMINI - Aziende, Governo e mercati, tutti in fibrillazione per la nuova Robin Tax. L'ipotesi suggerita nei giorni scorsi dalla commissione Industria del Senato di estenderla ad altri settori regolati come le concessionarie autostradali e di telecomunicazione ha da un lato ridotto le preoccupazioni delle aziende energetiche che, in base al testo attuale, sono le sole a subirla, ma ha messo in allarme le società di tlc e le altre concessionarie di infrastrutture come autostrade e aeroporti. Il vicepresidente di Confindustria con delega alle Infrastrutture, Cesare Trevisani, teme che questo possa diventare «l'ennesimo colpo ad un settore che è rimasto l'unico che investe risorse».

Secondo Trevisani «sarebbe una modifica illogica, una perdita di credibilità sui mercati internazionali proprio mentre il settore ha estremo bisogno di risorse private. Anche solo averla annunciata compromette la credibilità del Paese». Per questo, ricorda il vicepresidente di Confindustria, nei lavori preparatori per la stesura del decreto di stimolo per le infrastrutture previsto tra settembre e ottobre «abbiamo suggerito al ministro delle Infrastrutture, Matteoli, una modifica costituzionale che fissi l'invariabilità delle norme in tutte le operazioni di investimento in cui siano presenti capitali privati». E proprio il ministro Matteoli, al Meeting di Cl a Rimini ha cercato di tranquillizzare le imprese. «Mai – ha detto il ministro - mi è stata ventilata l'ipotesi che la Robin Tax venga estesa alle concessioni: non ho mai ricevuto nessuna richiesta di parere». La pensa diversamente l'Autorità per l'energia che oggi pomeriggio alle 15 si riunisce per discutere delle nuove modalità di applicazione della Robin Tax. Tra i dubbi c'è proprio il fatto che la tassa colpisca solo il settore energetico, compresi trasporto e distribuzione, e non le altre reti infrastrutturali.

Le più preoccupate sono le aziende di tlc alle quali, come ricordano da Vodafone «è già chiesto di contribuire con un gettito straordinario di oltre 3 miliardi di euro per l'asta di frequenze, peraltro ancora non disponibili».

Si capiscono quindi i toni dell'a.d. di Wind, Ossama Bessada: «Penso che per un'azienda che sta per partecipare a una gara per le frequenze e investe un miliardo di euro all'anno in Italia sia una tassa totalmente inaccettabile». Per questo pensa di ridurre gli investimenti in Italia. Tranquillizzati dopo aver sentito Matteoli sono Giuseppe Bonomi di Sea e Fabio Cerchiai di Autostrade per l'Italia. «L'esclusione delle concessionarie aeroportuali dalla Robin Tax è nell'interesse del Paese e, nel caso della Sea che si avvia al collocamento, sarebbe stata contraddittoria rispetto allo spirito della manovra che chiede agli enti locali di dismettere le partecipazioni». Secondo Cerchiai «anche solo l'annuncio di una nuova tassa può essere pericoloso». Tener fuori dalla Robin Hood Tax le concessionarie «è interesse del Paese perché solo la certezza delle regole assicura il flusso di capitali privati necessari per gli investimenti in infrastrutture».

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