Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2014 alle ore 14:32.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2014 alle ore 14:15.

My24

Eppure, se i magnati delle grandi imprese pensano di non avere più bisogno di fare affidamento sui rispettivi governi nazionali, fanno un errore enorme. La realtà è che la stabilità e l’apertura dei mercati, che producono la loro ricchezza, non sono mai state tanto dipendenti dall’intervento pubblico.

In periodi di relativa calma, il ruolo dei governi nella compilazione e nel sostegno delle regole mediante le quali i mercati funzionano può diventare oscuro. Potrebbe sembrare che i mercati funzionino come un pilota automatico, ed i governi un inconveniente che è meglio evitare.

Ma quando le nubi delle tempesta economica si addensano all’orizzonte, ognuno cerca riparo sotto la copertura del proprio governo. È allora che i rapporti che legano le grandi aziende alla loro nazione d’origine si rivelano pienamente. Come l’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King ha correttamente posto la questione nel contesto finanziario, le banche globali sono globali in vita, ma nazionali in morte.

Si consideri come il governo americano è intervenuto per garantire la stabilità finanziaria ed economica durante la crisi globale del 2008-2009. Se il governo non avesse salvato le grandi banche, il colosso assicurativo AIG, e l’industria automobilistica, e se la Federal Reserve non avesse inondato l’economia di liquidità, la ricchezza dei super-ricchi avrebbe subito un duro colpo. Molti hanno sostenuto che il governo avrebbe dovuto focalizzarsi sul salvataggio dei proprietari di casa; invece, ha scelto di sostenere le banche - una politica di cui l’élite finanziaria ha beneficiato maggiormente.

Anche in tempi normali, i super-ricchi dipendono dal sostegno e dall’azione del governo. È in gran parte il governo che ha finanziato la ricerca di base che ha prodotto la rivoluzione informatica e le imprese (come Apple e Microsoft) che questa ha generato.

È il governo che definisce e attua le leggi su copyright, brevetti e marchi che tutelano i diritti di proprietà intellettuale, garantendo agli innovatori di successo un flusso costante di profitti di tipo monopolistico. È il governo che sovvenziona gli istituti di istruzione superiore che formano la forza lavoro qualificata. È il governo che negozia accordi commerciali con altri paesi per assicurare che le imprese nazionali accedano ai mercati esteri.

Se i super-ricchi credono di non fare più parte della società e di avere poco bisogno dello stato, non è perché questa convinzione corrisponde alla realtà oggettiva. È perché la trama prevalente del nostro tempo ritrae mercati come entità a sé stanti che si muovono grazie alle proprie forze. Questa è una favola che inganna tutti i segmenti della società, la classe media non meno dei ricchi.

Non c’è ragione di aspettarsi che i super-ricchi agiscano in modo meno egoistico di qualsiasi altro gruppo. Ma non è tanto il loro auto-interesse che ostacola il percorso verso una maggiore uguaglianza ed inclusione sociale. L’ostacolo più significativo è il mancato riconoscimento che i mercati non possono produrre prosperità a lungo – e per tutti - a meno che non siano supportati da società sane e da una buona governance.

Dani Rodrik, Professore di Scienze Sociali presso l’Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey, è l'autore di The Globalization Paradox: Democracy and the Future of the World Economy.

Copyright: Project Syndicate, 2014.

Shopping24

Dai nostri archivi