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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2014 alle ore 21:00.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2014 alle ore 14:04.

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PRINCETON – L’ , con sede presso l’Università di Chicago, compie periodicamente dei sondaggi su un gruppo comprendente i principali economisti accademici, di vario orientamento politico, riguardo a questioni di attualità. L’ultima inchiesta si chiedeva se il piano di incentivi del presidente Barack Obama abbia contribuito a ridurre la disoccupazione negli Stati Uniti.

Ufficialmente conosciuto come l’, il piano ha comportato una spesa pubblica di oltre 800 miliardi di dollari per infrastrutture, istruzione, sanità e energia, incentivi fiscali, e vari programmi sociali. Attuato nel bel mezzo di una crisi economica, ha costituito un esempio di classica risposta keynesiana.

Gli economisti erano praticamente unanimemente d’accordo. Trentasei dei 37 economisti che hanno risposto al sondaggio hanno detto che il piano aveva avuto successo nel suo obiettivo dichiarato di ridurre la disoccupazione. L’economista Justin Wolfers dell’Università del Michigan il consenso nel suo blog del New York Times. L’esasperato dibattito pubblico sull’efficacia degli incentivi fiscali, egli lamentava, è diventato totalmente sconnesso da ciò che gli esperti conoscono e su cui concordano.

In realtà, gli economisti sono d’accordo su molte cose, alcune delle quali sono politicamente controverse. Nel 2009 l’economista di Harvard Greg Mankiw . Le seguenti proposizioni hanno ottenuto il sostegno di almeno il 90% degli economisti: tariffe e quote di importazione riducono il benessere economico generale; i controlli sugli affitti riducono l’offerta di alloggi; tassi di cambio fluttuanti forniscono un sistema monetario internazionale efficace; gli Stati Uniti non dovrebbero limitare i datori di lavoro dall’esternalizzare il lavoro all’estero; e la politica fiscale stimola l’economia, quando ci trova al di sotto della piena occupazione.

Questo consenso riguardo a tante questioni importanti contrasta piuttosto fortemente con la percezione generale che gli economisti raramente concordino su qualcosa. Se tutti gli economisti fossero messi uno accanto all’altro, come notoriamente scherzava George Bernard Shaw, non raggiungerebbero una conclusione. Si dice che una volta il presidente Dwight Eisenhower, frustrato dalle consulenze conflittuali ed evasive che riceveva dai suoi consiglieri, abbia richiesto un economista con una sola mano.

Senza dubbio, ci sono molte tematiche di politica pubblica sui quali si dibatte animatamente. Quale dovrebbe essere il tasso di imposta sui redditi più alti? Il salario minimo dovrebbe essere aumentato? Il deficit fiscale dovrebbe essere ridotto aumentando le tasse o tagliando la spesa? I brevetti stimolano o ostacolano l’innovazione? Su questi e molti altri temi, gli economisti in genere sono bravi nel vedere le diverse facce della medaglia, e ritengo che un sondaggio potrebbe rivelare uno scarso consenso nel merito.

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