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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 10:55.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2014 alle ore 14:03.

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WASHINGTON, DC – Duecento anni fa, Washington DC fu catturata dagli inglesi, che poi ne diedero alle fiamme i centri del potere, tra cui la Casa Bianca, il Dipartimento del Tesoro e il Congresso. Oggi, Washington è stata nuovamente catturata da un gruppo di interesse nazionale costituito da grandi istituti bancari, e il prezzo di ciò è destinato a essere di gran lunga superiore a quello del 1814.

Le maggiori holding bancarie americane ricevono un implicito sussidio dal governo, essendo percepite come "troppo grande per fallire". Le autorità non permettono alle grandi banche di essere insolventi, attraverso il fallimento o in altro modo, poiché bisogna scongiurare il crollo del sistema finanziario. Questa pratica si è andata delineando tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, ed è tuttora in vigore.

La dispensa dal rischio di fallimento significa che chiunque presti denaro alle grandi banche, in tutto una mezza dozzina, riceve in cambio una garanzia statale, ovvero un'assicurazione gratuita contro il rischio di catastrofe. Questi istituti riescono a finanziare sempre più debito a condizioni (dal loro punto di vista) migliori. In particolare, i loro dirigenti gestiscono imprese poco trasparenti, dove i rischi vengono accuratamente tenuti nascosti al pubblico e molto poco viene fatto in termini di assorbimento delle perdite di capitale. In poche parole, senza le garanzie del governo, questi torbidi imperi non potrebbero esistere.

Il senatore democratico Sherrod Brown dell'Ohio e il senatore repubblicano David Vitter della Louisiana, insieme ad altri illustri colleghi, cercano da tempo di porre gradualmente fine a questa sorta di finanziamento implicito. E alcuni analisti indipendenti, come Anat Admati dell'Università di Stanford, hanno spiegato nel dettaglio come e perché ciò va fatto. Questi dati – contenuti, ad esempio, nella di Admati davanti alla sottocommissione del Senato presieduta da Brown – non sono in dubbio. Grazie ad Admati e ai suoi colleghi, abbiamo un chiaro resoconto dei fatti espresso in un linguaggio semplice e non tecnico.

Purtroppo, i massimi funzionari del governo federale continuano a negare l'evidenza. L'esempio recente più spettacolare è realizzato quest’estate dal Government Accountability Office (GAO), a cui era stato affidato un compito semplice: su richiesta di Brown e Vitter, doveva valutare la portata e l'impatto delle garanzie implicite fornite dal governo alle grandi holding bancarie.

Il GAO ha risposto producendo un rapporto alquanto confuso che coglie il suggerimento del settore finanziario di concentrarsi quasi esclusivamente sulle differenze di rendimento, ovvero gli spread, dei titoli pubblici (tassi di interesse su varie forme di finanziamento) tra le maggiori banche e alcuni istituti concorrenti. Tali spread rappresentano solo una minima parte dei vantaggi economici riservati alle grandi banche, e sono anche altamente ciclici, il che significa che i benefici si fanno più evidenti quando i mercati sono sotto pressione, come è successo nell'autunno del 2008.

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