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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2014 alle ore 15:20.

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PRETORIA – La popolarità delle partnership tra pubblico e privato a sostegno dello sviluppo delle infrastrutture nei paesi emergenti sta crescendo a livello mondiale. Il G-20 sostiene queste partnership con l’obiettivo di incoraggiare la crescita globale e la creazione di nuovi posti di lavoro. Le economie cosiddette BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) vedono queste partnership come un modo per costruire infrastrutture essenziali in tempi rapidi e a basso costo, mentre le Nazioni Unite sperano invece che queste partnership possano fornire gli strumenti necessari per realizzare . L’attrattiva delle partnership tra pubblico e privato potrebbe ridefinire non solo lo sviluppo dell’economia, ma anche il rapporto complessivo tra paesi ricchi e poveri, anche se non necessariamente in meglio.

Il carro delle partnership tra pubblico e privato ha tre componenti essenziali: un flusso consistente di fondi per le infrastrutture (sostenuto dai fondi pensione e altri fondi importanti), la creazione di condotti di progetti redditizi finanziati da queste partnership volti a sfruttare le materie prime dei paesi, e lo smantellamento delle politiche a tutela sociale ed ambientale. Ciascun elemento deve essere monitorato attentamente di pari passo all’ampliamento dell’utilizzo di queste pratiche.

La Banca Mondiale sta già cercando di raddoppiare il fondo prestiti entro i prossimi dieci anni . La sua nuova piattaforma, la Global Infrastructure Facility (GIF), dovrebbe aiutare a mobilitare i fondi sovrani e i fondi pensione globali a favore di investimenti nelle infrastrutture sotto forma di attività specifiche.

Anche i paesi emergenti si sono attivati. I paesi BRIC hanno annunciato un piano per l’istituzione di una (NDB) a favore delle infrastrutture e dello sviluppo sostenibile. Il suo primo Centro regionale per l’Africa avrà sede in Sudafrica, mentre la Cina lancerà da parte sua una nuova Banca asiatica per le infrastrutture. Entrambe le banche hanno l’obiettivo di offrire delle alternative rispettivamente alla Banca Mondiale presieduta dagli USA e alla Banca asiatica per lo sviluppo presieduta dal Giappone.

E’ evidente che questi istituti di finanziamento allo sviluppo sono visti come una reazione contro l’istituto di Bretton Woods che, perseguendo delle politiche neoliberali a favore dell’austerità e non riuscendo a riformare le strutture governative al fine di condividere il potere con le economie emergenti, è stato colpevolizzato per la contrazione della spesa pubblica, il processo di deindustrializzazione e lo smantellamento delle banche nazionali per lo sviluppo.

Diversi paesi emergenti non vedono di buon occhio le politiche di tutela ambientale e sociale della Banca Mondiale in quanto le considerano un pericolo per la loro sovranità nazionale. In risposta a queste critiche, la Banca sta rivedendo queste tutele ed i suoi meccanismi di implementazione. Ma un allentamento della supervisione da parte della Banca Mondiale non farebbe altro che lasciare ai beneficiari dei prestiti l’onere di supervisionare ed implementare gli standard sociali ed ambientali, indipendentemente dalle risorse o dalla volontà politica, mettendo in tal modo a rischio gli sforzi per la difesa dei diritti dei popoli indigeni, per il trasferimento degli sfollati, la mitigazione dei danni ambientali o la protezione delle foreste e della biodiversità.

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