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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2014 alle ore 15:29.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2014 alle ore 10:33.

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Howard Davies (Olycom)Howard Davies (Olycom)

Sono stato membro del FSF per cinque anni – e confesso di avere un certo timore dei ragni – ma, pur essendo aracnofobo, non ho mai avuto motivo di preoccuparmi. Il FSF non era una creatura spaventosa, e le singole autorità di regolamentazione, nazionali e internazionali, venivano lasciate libere di agire, con tutte le tristi conseguenze che abbiamo avuto modo di sperimentare.

Prima del 2007 c'era poco interesse politico per la creazione di standard globali più severi, e i singoli paesi erano contrari all'idea di un organismo internazionale che interferisse con il loro diritto sovrano di vigilare su un sistema bancario malato. Così, quando scoppiò la crisi successiva, il FSF si rivelò insufficiente e, nel 2009, i governi del G-20 decisero che c'era bisogno di un modello più severo – il Financial Stability Board. Il FSB è operativo da cinque anni e attualmente sta lavorando ad alcune nuove proposte per affrontare la questione delle banche troppo grandi per fallire, che saranno sul menu della prossima riunione del G-20 a Brisbane (insieme a surf e manti erbosi, torte pavlova e altre prelibatezze australiane).

Non c'è (ancora) un gruppo internazionale preposto a verificare l'efficacia del FSB. Qualora vi fosse, però, cosa direbbe della performance del FSB fino a oggi, sotto la guida di Mario Draghi prima e di Mark Carney poi, che hanno entrambi svolto l'incarico nel tempo libero, mentre gestivano importanti banche centrali?
Sul lato attivo del bilancio, i revisori sarebbero tenuti a notare che il Board ha fatto molte cose utili. Le sue relazioni periodiche al G-20 mettono insieme i diversi aspetti della regolamentazione in modo chiaro e comprensibile. Non esiste una fonte d'informazioni migliore.

Gli stessi revisori testimonierebbero, inoltre, che, grazie alle pressioni del FSB, il lavoro delle autorità di regolamentazione settoriali ha registrato un'accelerazione. C'è voluto più di un decennio per concludere il secondo accordo di Basilea; Basilea 3, invece, è stato redatto in poco più di 24 mesi (anche se la sua attuazione sta richiedendo abbastanza tempo). La performance della IOSCO e della IAIS è altresì migliorata grazie alla necessità di documentare i progressi compiuti tramite il FSB.
Il Board ha, inoltre, lanciato importanti avvertimenti attraverso le sue cosiddette “valutazioni delle vulnerabilità”, evidenziando sì le tensioni emergenti nel sistema, ma senza cadere nella trappola di preannunciare crisi a tutto spiano. E il suo meccanismo di revisione tra pari sta spingendo i singoli paesi a rafforzare le proprie istituzioni di regolamentazione.

Tuttavia, una valutazione franca riconoscerebbe che finora questo ragno ha catturato poche mosche. Per usare un'altra metafora animale, è un cane da guardia senza denti. Non può né dire agli altri regolatori cosa fare (o non fare) né costringere i paesi membri a rispettare le nuove norme.
Di fatto, l'intero edificio della regolamentazione finanziaria globale poggia sul principio del “massimo impegno”. L'atto costitutivo del FSB, riveduto nel 2012, dice che i firmatari non sono soggetti ad alcun obbligo legale. A differenza dell'Organizzazione mondiale del commercio, ad esempio, alla base del FSB non vi è alcun trattato internazionale, il che significa che i paesi non possono essere sanzionati per la mancata implementazione degli standard che si sono impegnati a rispettare.

Pertanto, una giusta conclusione sarebbe che il FSB ha fatto, né più né meno, quello che i suoi padroni politici erano disposti a lasciagli fare. Manca la volontà politica di creare un organismo realmente in grado di supervisionare gli standard internazionali e impedire ai paesi di scivolare in una deregolamentazione competitiva – nonché alle banche di ricorrere all'arbitraggio normativo. Sembra che dovremo attendere la prossima crisi per vedere emergere una simile volontà. Nel frattempo, il FSB, con tutti i suoi limiti, è lo strumento migliore che abbiamo.

Traduzione di Federica Frasca

Howard Davies, ex presidente della Financial Services Authority del Regno Unito, vice governatore della Bank of England e direttore della London School of Economics, è professore alla Sciences Po di Parigi.

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