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Obama: svolta sugli immigrati

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:05.

NEW YORK - La quarta sfida. Dopo sanità, riforma finanziaria ed energia, Barack Obama ha aperto ieri formalmente un nuovo capitolo nel suo confronto con i repubblicani: ha lanciato il guanto sull'immigrazione. E ha proposto una via di mezzo.
Nel suo primo discorso dedicato esclusivamente a uno dei temi più scottanti del momento sia dal punto di vista economico che da quello etico e giuridico, ha chiesto al Parlamento di andare avanti con un progetto di riforma che respinga gli estremi: «La deportazione è logisticamnete impossibile, ma la protezione dei confini può essere migliorata, di molto», ha detto il presidente.


Come dire: chi oggi si trova in America da un certo numero di anni potrà scegliere percorsi agevolati per regolarizzare la sua posizione. Ma chi cercherà di immigrare illegalmente a partire da ora, troverà un muro invalicabile. Nel vero senso della parola, visto che vi sono molti progetti per innalzare muraglie elettrificate lungo il confine con il Messico. C'è ovviamente molta retorica. Anche George W. Bush aveva promesso ai più scatenati dei suoi compagni di partito la costruzione del "muro" senza essere poi riuscito a portarlo a termine. E in quei pochi tratti dove il muro esiste, i trafficanti hanno scavato profonde gallerie sotterranee che consentono il passaggio a centinaia di illegali. Quando una galleria viene scoperta, se ne scava subito un'altra.

Ma al di là della retorica, questa volta Obama ha per le mani un progetto serio, con un approccio bipartisan, firmato dal senatore democratico di New York Chuck Schumer e da quello repubblicano della Carolina del Sud Lindsey Graham. I due non potrebbero essere più diversi, ma sono rispettati e hanno già lavorato insieme a progetti congiunti, ad esempio quello che minacciava l'imposizione di tariffe contro la Cina se lo yuan non si fosse rafforzato.

In America ci sono circa 11 milioni di immigrati illegali, ormai radicati, con famiglie, in grado di vivere normalmente grazie alla tolleranza di molti stati. Che, ovviamente, hanno bisogno di loro: questi 11 milioni sono parte integrante dell'economia del paese, sono pronti a fare lavori umili a basso costo. Ma rappresentano anche un peso. La maggioranza non paga le tasse (c'è in realtà un programma del fisco americano che consente agli immigrati illegali di pagare le loro tasse con "discrezione"). Quando non stanno bene vanno al pronto soccorso e non pagano il conto. I figli usano il sistema scolastico americano, ma i genitori non pagano le realtive tasse. Insomma, il problema è enorme: «La riforma non può aspettare. Il sistema, e questo lo sanno tutti, non funziona, è rotto...ma resta ostaggio del posizionamento politico. Come mai repubblicani che appoggiavano il piano del presidente George W. Bush oggi sono defilati?», ha detto Obama, invocando «un approccio pragmatico».

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Tags Correlati: Albert Einstein | America University | Barack Obama | Chuck Schumer | George W. Bush | Google | Graham Lindsey | Harry Reid | Immigrazione | Senato | Sergey Brin | Stati Uniti d'America |

 

Il tempismo e l'azione e del discorso di Obama sono calcolati in vista delle elezioni di novembre. A parte gli illegali, ci sono decine di milioni di ispano-americani regolari e integrati che vogliono la riforma per i loro cugini e vogliono uscire dall'impasse. Insomma c'è in ballo il voto. E non soltanto il voto generico: con la sua sfida sull'immigrazione, ad esempio, Obama aiuta il senatore Harry Reid, il capo della maggioranza democratica al Senato, suo grande alleato nel processo per la riforma sanitaria che oggi rischia di perdere nel suo stesso stato, il Nevada, a forte percentuale di latinos.

Obama, che ha parlato a Washington all'America University davanti a una platea di politici, esperti, attivisti, sindacalisti e uomini d'affari ha ricordato i punti forza dell'immigrazione in America, dagli esempi di Albert Einstein a Sergey Brin confondatore di Google, ai flussi migratori di italiani, polacchi, russi discriminati. Il problema però è uno: tutti sono d'accordo sulla necessità di una riforma. Ma l'opportunità politica potrebbe imporre un rinvio.
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