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Finanza e Mercati In primo piano

Undici ore per salvare l'euro

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2010 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 12 maggio 2010 alle ore 16:46.

BRUXELLES - A mali estremi, estremi rimedi. Oltre 11 ore di negoziati ad alta tensione tra i ministri Ecofin in una domenica da cani, sul collo il fiato dei mercati, il terrore di un lunedì nero con euro, Borse e mercati a picco.

È stato così, con l'adrenalina nel sangue e la consapevolezza che davvero giocava con il fuoco di una nuova crisi sistemica dopo quella targata Lehman Brothers, che l'Europa ha svoltato, la montagna alla fine non ha partorito il solito topolino. Ma un piano congiunto Ue-Fmi da 750 miliardi di euro, corroborato dalla decisione della Bce di intervenire acquistando sul mercato secondario i titoli pubblici dei paesi in difficoltà. Una rivoluzione copernicana, un oltraggio alle regole. Uno dei tanti.

«Prima salviamo l'euro e poi pensiamo a rappezzare le regole di Maastricht» commentava ieri qualcuno che c'era nelle sale bollenti dell'Ecofin. Se l'euro supererà questa prova, diventerà adulto: assomiglierà più al dollaro che al vecchio marco tedesco, la Bce un po' più alla Fed americana e un po' meno alla Bundesbank. Del resto il colossale salvataggio dell'euro, organizzato in poco più di 72 ore in un convulso week-end a Bruxelles, ricalca la reazione all'emergenza di due anni fa, la bomba Lehman appunto, e la valanga di aiuti pubblici rovesciata sul sistema finanziario per disinnescarla.

La crisi dell'euro sta cambiando tutto, smentisce perfino i ritmi sonnacchiosi della vecchia Europa. Aiuti colossali sì per salvare la moneta unica ma draconianamente condizionati. Il modello Grecia insegna, proprio perché non si vogliono vedere altre grecie. Dunque tutti, non solo Spagna e Portogallo, al momento i due anelli più deboli della catena, dovranno presentare nuove misure per accelerare il rientro da iper-deficit e debiti pubblici.

Se ne discuterà già lunedì prossimo alla riunione dei ministri Eurogruppo-Ecofin ,che esamineranno a tamburo battente anche le proposte che la Commissione Ue presenterà domani sul rafforzamento della governance europea: significa più coordinamento delle politiche di bilancio nazionali, da avviare prima della loro stesura. Significa correzione degli squilibri strutturali e di competitività. In poche parole vuol dire, volenti o nolenti, avanzare nei fatti verso quell'unione economica che dovrebbe far da contraltare a quella monetaria per un euro più solido ma che finora non è mai riuscita a decollare.

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Tags Correlati: Bce | Borsa Valori | Bruxelles | Bundesbank | Ecofin | Fed | Fmi | Francia | Germania | Herman Van Rompuy | Istituzioni dell'Unione Europea | Portogallo | Spagna | Task Force

 

Significa anche modifica del Patto di stabilità, rendendo più efficace il suo sistema di sorveglianza sui membri del club anche attraverso un inasprimento del sistema delle sanzioni per chi è refrattario al rispetto delle regole. Anche su questo fronte netta accelerazione: la task force ad hoc, diretta dal presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, si riunirà per la prima volta già domani a Bruxelles, presenti i ministri Ecofin.

Dalla grande crisi l'Europa risorge per provare a volare molto più in alto? Calma. L'Ecofin che ha messo in campo il doppio meccanismo di salvataggio dell'euro, uno comunitario da 60 miliardi, l'altro intergovernativo da 440 miliardi, cui si aggiungeranno i «250 almeno» dell'Fmi, non l'ha fatto in bucolica armonia.

Al dunque, la Spagna è insorta contro le richieste di rigore aggiuntivo, per poi arrendersi all'evidenza. Come il Portogallo. Francia e Germania, in mezzo il presidente francese della Bce Jean-Claude Trichet che tifava per Berlino, hanno recitato per l'ennesima volta il loro vecchio copione: Parigi con il cuore un po' keynesiano, Berlino con la testa rigorista e assennata di sempre. Litiganti consumati, costretti ad andare d'accordo in nome del superiore interesse comune nell'euro. Sullo sfondo l'Inghilterra che si rifiuta, con una certa logica, di pagare per la moneta unica. E i paesi dell'Est che temono che l'euro finisca per risucchiare tutti i loro fondi Ue.

Sullo stesso sfondo l'America di Obama (ieri il presidente ha ribadito di sostenere «azioni decise volte a gestire la situazione») che preme per tenere a galla l'euro e il G-7 anche in una trattativa globale che rappresenta l'ennesima novità di questa emergenza europea. Segno che, crisi o no, l'euro in 11 anni ne ha fatta di strada. Ragion di più per non perderlo

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