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Finanza e Mercati Azioni

La mossa di Berlino bocciata da operatori e mercati

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2010 alle ore 15:44.
L'ultima modifica è del 20 maggio 2010 alle ore 10:14.

Inutile, insignificante, intempestiva. Sono molti gli aggettivi usati da operatori, esperti, istituzioni per commentare la decisione di oggi della Germania di vietare lo short selling "nudo" sui titoli di stato governativi Ue. E non solo.
C'è chi, per motivi diplomatici, usa parole soft. È il caso il commissario europeo al Mercato interno Michel Barnier. «Capisco - ha detto - le preoccupazioni tedesche» sul possibile impatto delle vendite allo scoperto «in un contesto di mercati finanziari incerti e volatili». Per poi, però, aggiungere che le sospensioni temporanee: «Sarebbero anche più efficaci se coordinate a livello europeo».

«È stato mandato un messaggio "sfortunato"», dice Simon Tilford, chief economist del Centre for European Reform, un think tank di Londra. «Ancora una volta suggerisce l'idea che i tedeschi non comprendono che il problema non sono i mercati. Questi, invece, sono nel giusto quando si mostrano dubbiosi circa la sostenibilità di Eurolandia, almeno nelle attuali forme».

«Il mercato vede una politica inadeguata e considera un simile atto come un gesto della disperazione e un rifiuto di affrontare i veri problemi», dice Brian Yelvington, capo del reddito fisso di Knight Libertas LLC in Greenwich, Connecticut.

«Questa mossa - aggiunge Stefan Isaacs, gestore di M&G European Corporate Bond Fund - ha avuto l'effetto di creare ulteriori timori sui già fragili mercati finanziari. A questi non piace la mancanza di trasparenza e simili azioni appaiono draconiane e non coordinate. Il fatto che il divieto sia stato annunciato dopo la chiusura dei mercati europei, e che sia stato implementato solo poche ore dopo, non è nient'altro che una mossa avventata, che ha portato il mercato a speculare su problemi più gravi e ignoti».

Con riferimento, poi, al divieto di vendite allo scoperto di dieci titoli finanziari tedeschi, Julian Callow e Thorsten Polleit, economisti di Barclays Capital, scrivono che si tratta di un proveddimento «che riflette il desiderio di compiacere l'opinione pubblica tedesca quando è entrato nel vivo il dibattito parlametare sulla correzione dei conti pubblici». Come dire: il suo effetto non è reale.

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Senza dimenticare, infine, che molti operatori ricordano come un divieto su un singolo mercato può essere benissimo by-passato con l'operatività realizzata da altri paesi. «La maggior parte degli scambi di strumenti derivati vietati dalla Germania - dice Isaacs - avviene in realtà al di fuori della Germania stessa. Le autorità tedesche non hanno la giurisdizione legale per implementare il divieto nei maggiori centri finanziari come Londra e New York, relativamente alle istituzioni con sede al di fuori della Germania».

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