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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2010 alle ore 09:44.
L'ultima modifica è del 22 maggio 2010 alle ore 13:22.
Poco meno di un quinto degli attivi dei primi dieci gruppi bancari italiani è impiegato in strumenti finanziari il cui valore è legato alle oscillazioni dei mercati. Parliamo di una cifra che sfiora i 408 miliardi di euro, costituita per la quasi totalità da attività al fair value, cioè bond, azioni e derivati valutati con parametri di mercato. Per quanto possano sembrare elevate, queste forme di impiego sono di gran lunga inferiori a quelle dei maggiori istituti europei e americani. Per i gruppi creditizi dell'Unione europea gli attivi finanziari al fair value rappresentano infatti, mediamente, il 43% delle attività totali, e per i gruppi americani il 34% (anche se il dato statunitense è sottostimato per l'ampio ricorso alla compensazione dei derivati). Ciò rende il sistema bancario italiano relativamente più stabile e sicuro.
Ma dove è investita questa massa di attività finanziarie? Il 54%, pari a 220,5 miliardi, è impiegata in titoli di debito (titoli di stato, bond di enti pubblici e banche e altri titoli), il 10% in azioni e quote di fondi, il 31,5%, pari a 128 miliardi, in derivati detenuti per scopi speculativi (altra cosa sono i derivati di copertura) e il 4,5% in altre poste. Quella dei bond pubblici, pari a poco più di un terzo della massa totale investita, è la categoria dei titoli tipicamente considerati senza rischio. Ma dopo la crisi di solvibilità dello stato greco, che ha messo in evidenza la fragilità finanziaria di altri paesi europei, e dopo gli interventi pubblici di salvataggio del sistema bancario internazionale, la percezione del rischio associato a questi titoli è visibilmente cresciuta.
Accanto a quello di mercato c'è oggi un rischio crescente di controparte, vale a dire di qualità dell'emittente, trasversale a tutte le categorie di titoli, compresi i titoli di stato. Non a caso l'esplodere della crisi greca ha costretto le maggiori banche a rendere pubbliche le esposizioni verso Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (Pigs). Quelle italiane in particolare, secondo dati ancora parziali, hanno in portafoglio titoli Pigs per valori modesti: 3,7 miliardi. Così suddivisi: UniCredit per 1,6 miliardi, Intesa Sanpaolo per quasi 1,1, Mediobanca per 400 milioni, Monte Paschi per 350, Banco Popolare per 244.