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Finanza e Mercati Obbligazioni

«Troppi errori nella Mifid»

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:12.

Morya Longo
MILANO
«La direttiva Mifid ha fallito: da un lato ha introdotto una concorrenza impari tra le Borse regolamentate e i listini alternativi, dall'altro ha portato a un'evidente frammentazione dei volumi di scambio e alla domanda : questa direttiva ha portato benefici agli investitori? Sono loro stessi a dire di no». Non usa mezzi termini Raffaele Jerusalmi: la direttiva che ha aperto la concorrenza tra le Borse non ha, a suo avviso, centrato i suoi obiettivi. Da circa un mese il quarantanovenne manager è l'a.d. di Borsa Italiana, al posto di Massimo Capuano. Stile molto meno formale del suo predecessore ma esperienza di pari durata, oggi tocca a lui guidare Piazza Affari. E non è facile: tra la crisi dei mercati, la concorrenza "impari" dei listini alternativi e le violente polemiche sulla fusione con il London Stock Exchange, la sfida non è da poco. C'è anche chi vorrebbe togliergli il potere di quotare le imprese per trasformare Borsa Italiana in una mera piattaforma di scambi. Ma Jerusalmi risponde per le rime. Scuote la testa se gli si dice che Borsa Italiana ormai è diventata inglese. Risponde «vogliamo un mercato eccellente per i nostri prodotti, per i nostri clienti e per le aziende che si quotano» se gli si domanda come vede il futuro di Piazza Affari. Ma non rinuncia a togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa: per esempio sulla direttiva Mifid.
È possibile che Borsa Italiana diventi in futuro un mero Mtf, cioè una semplice piattaforma di trading non regolamentata? C'è chi lo sostiene.
No, questo non è affatto un progetto allo studio. Siamo un mercato regolamentato e crediamo che questo rappresenti un grande valore e una garanzia per gli investitori: mi farebbe piacere, però, che anche le Autorità a livello europeo riconoscessero questo nostro ruolo. Oggi invece ci troviamo a competere con listini alternativi molto più snelli, certo, ma che offrono anche molte meno garanzie. Vale la pena sottolineare che anche i listini alternativi che hanno conquistato importanti quote di mercato a livello pan europeo continuano a operare in perdita.

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Il problema è che la direttiva Mifid li mette sullo stesso piano delle Borse regolamentate.
Appunto, questo è il problema.
Cioè? Sta dicendo che la concorrenza introdotta dalla direttiva europea è sleale?
Sleale è una parola grossa, ma di fatto è così. Una Borsa regolamentata offre un maggior ventaglio di servizi. Ovvio che noi abbiamo una struttura molto più articolata e costosa rispetto a un listino alternativo, ma offriamo anche maggiori servizi e garanzie agli investitori. La competizione tra noi e loro è come una corsa tra un atleta in maglietta e uno con addosso una giacca che pesa 50 chili. Non è equo: per questo la direttiva Mifid va rivista.
Secondo alcuni sarebbe meglio passare alla Consob il potere di "listing", cioè di ammettere le società alla quotazione in Borsa. Così diventereste snelli anche voi. Che ne pensa?
Ci sono due modelli di Borsa, entrambi validi. Il London Stock Exchange, senza andare troppo lontano, non ha potere di listing: l'ammissione delle società alla quotazione viene decisa da un'Autorità terza, l'Uk Listing Authority. Noi, per legge, abbiamo invece questo potere, che rappresenta un costo ma anche fonte di fatturato. Quale dei due modelli sia migliore non saprei: dipende da come vengono svolte le attività. L'importante è che la qualità del servizio sia preservata per gli investitori.
Ma lei quale modello preferisce?
Non tocca a me dirlo. A me va bene lo status quo, ma se ci tolgono il potere di listing ne prenderei atto. Borsa Italiana è una società vigilata, e a questo ci atteniamo: fin che la legge ci dà un compito, lo svolgiamo. Poi, vedremo. Il gruppo Lse ha già un listino alternativo, cioè la piattaforma Turquoise rilevata dalle banche.
Questo vuol dire che già crede nel modello più snello?
Turquoise è un progetto in joint venture con alcuni tra i nostri principali clienti per conquistare quote di mercato in paesi come Francia, Spagna o Germania. Attualmente Turquoise negozia azioni di 17 diversi stati europei. Per ora è in perdita, ma si tratta di una start-up: vedremo se piano piano inizierà a produrre utili e soprattutto se ci consentirà di competere a livello pan europeo. E poi Turquoise ha inglobato il progetto Baikal, cioè il mercato dei "blocchi" sotto forma di cosiddetto "dark pool".
Ma non crede che un mercato dei blocchi così opaco sia in contrasto con la necessità di trasparenza auspicata da tutti in periodi di crisi?
Per il mercato dei blocchi la trasparenza non è una necessità assoluta. Comunque in America le Autorità stanno spingendo per avere più informazioni sulle operazioni dei "dark pool" e non è escluso che anche in Europa si percorra una strada simile.
Cosa può fare una società come la Borsa di Londra-Milano per aiutare i mercati e i governi in questa fase di profonda crisi?
Dobbiamo in primo luogo assicurare che i nostri listini funzionino bene e diano la garanzia agli investitori di poter negoziare con tranquillità. E in giornate come queste, caratterizzate da elevata volatilità, non è una cosa banale: i sistemi tecnologici sono messi sotto grande stress. Continueremo a impegnarci per offrire ai nostri clienti e a tutti gli stakeholder le migliori condizioni possibili per aiutarli a svolgere con successo la loro attività.
Ma oltre a questo cos'altro potete fare, per esempio per limitare la speculazione sui titoli di stato?
Abbiamo in mente alcune soluzioni tecniche su Mts (il listino dei titoli di stato, ndr) per favorire maggiormente la liquidità anche in un contesto volatile come quello attuale. L'obiettivo è di favorire e semplificare l'attività delle banche market maker: introdurremo quindi a giugno alcune nuove funzionalità su Mts. Ogni giorno dialoghiamo con le banche e i ministeri del Tesoro d'Europa per studiare il modo per rendere più facili gli scambi su Mts e per risolvere questa situazione.
E cosa proponete?
È difficile trovare una soluzione. Anche perché bisognerebbe trovarla insieme a tutti i partecipanti del mercato: governi, Autorità, intermediari e investitori. Mts ha comunque dimostrato anche in questa fase di essere in grado di garantire una buona price formation.
Uno dei leit motiv della crisi è sempre stata la richiesta di nuove controparti centrali per ridurre i rischi sistemici. Voi avete i servizi di post-trading (Monte Titoli e Cassa di Compensazione), ma a tre anni dalla fusione con Londra non sono cresciuti. Perché?
C'è stato un rallentamento nella riorganizzazione delle attività di post-trading perché la legislazione europea è ancora confusa. Le Autorità hanno cambiato idea sul concetto di inter-operabilità: per noi diventa difficile sviluppare un business plan se non conosciamo i contorni regolamentari futuri.
Qualcuno dice in realtà che vogliate vendere Monte Titoli e Cassa...
Non è vero. Anzi: abbiamo appena assunto una persona a cui è stata affidata la responsabilità della nostra divisione post trading e che sta lavorando per sviluppare un piano strategico.
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