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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 10:18.
«L'euro è più che mai in pericolo. E se fallisce l'euro fallisce l'Europa». Non ha usato giri di parole Angela Merkel la settimana scorsa di fronte al Bundestag, come un condottiero che vuole motivare i suoi soldati mettendoli di fronte allo scenario più catastrofico. Mai come in questo periodo si ricorre alla metafora bellica per descrivere la crisi. Se la giornata di venerdì scorso ha concesso una pausa al crollo delle Borse e l'euro ha rialzato la testa recuperando qualcosa sul dollaro dopo una settimana in altalena, il clima continua a essere teso. Dall'inizio dell'anno la moneta unica europea ha perso circa il 17% del suo valore.
Nei fatti si sta giocando un vero e proprio risiko: la posta in gioco è la credibilità (e la stabilità) dell'area. La battaglia vede schierati due fronti: da una parte la politica, con i 16 paesi dell'Eurozona che hanno adottato la stessa moneta, ma non riescono a dotarsi di una politica economica comune; dall'altro il mercato e la speculazione. Giocano in attacco le grandi banche d'affari inglesi e americane (ma non solo) e gli hedge fund, prendendo di mira i titoli di stato dei paesi più in difficoltà sul fronte dei conti pubblici, ma anche le azioni strategiche di quei paesi. Le armi più utilizzate sono la vendita allo scoperto, una sorta di scommessa sulla perdita di valore di un titolo o di un bond. O lo strumento dei Cds (Credit default swap), che da assicurazione sul rischio di default di un titolo è diventato sempre più una scommessa speculativa.
Alcuni movimenti non sono sfuggiti alle autorità. Il dipartimento di Giustizia Usa ha aperto un'inchiesta contro i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Greenlight, Sac Capital) accusandoli di aver concordato un attacco simultaneo all'euro in una cena segreta il 9 febbraio a Wall Street. Ma secondo la stampa internazionale a "remare contro" sono anche gli stessi colossi industriali americani come la Coca Cola, che si proteggono contro una frana dell'euro, usando gli stessi strumenti speculativi degli hedge. Un capitolo a parte è quello delle agenzie di rating, che con il loro giudizio sui titoli di stato possono decretare il successo o il fallimento di titoli finanziari. Arbitri finali del mercato, accusate per non aver saputo prevedere il crack della Lehman Brothers nel 2008 e oggi con una credibilità in forte calo.