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Finanza e Mercati Obbligazioni

«Piazza Affari non è una colonia»

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:07.

«Le banche italiane sono le benvenute. Se vogliono comprare azioni del London Stock Exchange possono farlo. Non è affatto vero che ci opponiamo alla loro crescita nell'azionariato». Xavier Rolet, da oltre un anno amministratore delegato della Borsa di Londra, usa la diplomazia quando tocca uno dei temi più caldi che riguardano il rapporto tra Milano e Londra. Negli ultimi mesi sono infatti divampate le polemiche sull'italianità di Piazza Affari e si sono moltiplicati i tentativi di rafforzare gli azionisti italiani nel listino di Londra. Ma Rolet non si scompone. Prima ribadisce che «gli investitori italiani sono benvenuti».

Poi sottolinea di avere «un buon rapporto» con le Autorità italiane: «Il nostro cuore è qui». E infine tranquillizza gli animi sul posto lasciato vacante nel consiglio di amministrazione del London Stock Exchange: «Annunceremo presto una nomina, che riceverà sicuramente una buona accoglienza dall'Italia». Rolet, ex manager di Lehman Brothers catapultato alla guida dell'Lse, ha un tono pacato. Con un perfetto accento inglese, che non tradisce le sue origini francesi. Lo abbiamo incontrato a Piazza Affari, in un ufficio che si sporge sulla vecchia sala delle grida. A cavallo tra il passato e il futuro. Una curiosa coincidenza: proprio a Rolet tocca traghettare Piazza Affari dal passato al futuro.

Il gruppo Lse è tornato all'utile grazie al mercato azionario italiano, a Mts e al «post-trading». Cioè grazie a tre attività portate in dote dall'Italia. Ma se valgono così tanto, perché in tre anni dalla fusione non le avete ancora valorizzate?
Non sono d'accordo. Io credo che le abbiamo valorizzate. Prenda ad esempio Mts, il listino dei titoli di stato. Quando l'abbiamo incorporato, aveva appena annunciato di voler aprire la piattaforma di trading direttamente agli hedge fund. I nostri principali clienti, le banche italiane e internazionali, cominciarono a lasciare la piattaforma: ne abbiamo sofferto soprattutto a livello internazionale. Ma ora abbiamo superato il problema e il mercato dei titoli di stato è tornato a crescere in modo significativo.

Però oltre a questo non avete cambiato molto: Mts, tre anni dopo la fusione tra Milano e Londra, è uguale a prima. Anche l'idea di aprire un listino dei titoli di stato in Gran Bretagna, avanzata qualche anno fa, è rimasta lettera morta...

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Non credo. La presenza di Mts a livello europeo è stata molto rafforzata nell'ultimo anno. Ma in Gran Bretagna non aveva molto senso lanciare un listino regolamentato dei titoli di stato, perché il mercato è molto diverso: è dominato dai «dealer» (dalle banche, ndr), ed è poco aperto alle piattaforme elettroniche. Oltremanica abbiamo avuto un approccio diverso.

Cioè?
Abbiamo esportato il Mot, per la contrattazione di obbligazioni da parte dei piccoli risparmiatori.

Passiamo alle attività di post-trading: Monte Titoli e Cassa di Compensazione. Anche loro a tre anni dalla fusione sono rimaste le stesse.
In realtà stiamo lavorando per rendere Monte Titoli e Cassa di Compensazione veramente pan-europee. Ma non è una cosa che si possa fare in poco tempo. Abbiamo assunto un nuovo manager, Kevin Milne, che sta elaborando il piano industriale. Presto ci saranno anche altre nomine. E l'obiettivo è preciso: internazionalizzare le attività di post-trading. E non alludo solo all'Europa.

Cioè?
C'è una crescente domanda di tecnologia e di know how nei paesi emergenti: credo che Monte Titoli e Cassa, insieme alla nostra nuova piattaforma tecnologica Millennium, potranno presto realizzare partnership e crescere nei paesi emergenti.

Quali?
Lo comunicheremo a tempo debito.

Per il mercato dei «credit default swap» da tempo si invoca la creazione di una controparte centrale, che garantisca dal rischio che falliscano le banche attive sul mercato. Perché non la create voi, valorizzando Cassa di Compensazione?
I Cds su singoli emittenti sono come contratti assicurativi, strumenti troppo rischiosi. Il mercato dei Cds può essere molto opaco, rendendo difficile la gestione del collaterale a garanzia del rischio di insolvenza. Somo molto cauto nel coinvolgere Cassa in questo business.

Sta dicendo che il mercato dei Cds è senza speranza? Non avrà mai una controparte centrale?
Beh, ci sono società che ci stanno provando come Ice Trust, Eurex o Lch. Saremmo più interessati agli indici di Cds piuttosto che ai singoli Cds.

Voi gestite anche un cosiddetto "dark pool": un mercato dei blocchi per le azioni, volutamente opaco. Non crede che questo vada nel senso opposto della trasparenza?
I "dark pool" sono stati introdotti dalle Autorità. La direttiva Mifid (quella che ha aperto la concorrenza sulle Borse, ndr) ha creato una forte frammentazione degli scambi: questo ha ridotto i volumi delle singole compravendite di azioni. Pensi che a Londra il volume medio di ogni singola transazione è sceso da 40mila a 4mila sterline, per effetto proprio della direttiva Mifid. Ebbene: questo rende difficile per gli investitori comprare e vendere grossi blocchi di azioni. La nascita dei "dark pool" è dunque inevitabile, per venire incontro alle esigenze del mercato.

Mi sembra che lei abbia un'opinione negativa della direttiva Mifid.
Accogliamo con favore la concorrenza, ma si deve guardare anche alle conseguenze impreviste della Mifid, che ha causato una frammentazione degli scambi e una concorrenza impari tra Borse regolamentate e listini alternativi. Il rischio è di fare la fine degli Stati Uniti, dove qualche settimana fa c'è stato il crollo di Wall Street per un motivo tecnico legato proprio all'eccessiva frammentazione degli scambi su molteplici listini.

Cosa può fare una borsa come l'Lse per aiutare i Governi e gli investitori a gestire al meglio questa crisi?
Due cose. Possiamo rendere il mercato ancora più efficiente. E possiamo dare una mano alle Autorità: noi non scriviamo le regole, ma possiamo fornire la nostra consulenza.

E cosa consigliereste al governo tedesco che ha introdotto il divieto di vendere allo scoperto?
Quella è una decisione sbagliata, che rischia di sortire l'effetto opposto di quello desiderato. Io suggerirei innanzitutto di eliminare il divieto. E poi di costruire infrastrutture di mercato che aiutino gli investitori. I mercati sono globali: non si può pensare di agire in via unilaterale, perché sarebbe controproducente.
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IL LONDON STOCK EXCHANGE

Ceo francese, utili italiani
Da Lehman all'Lse
Xavier Rolet, manager di nazionalità francese, è entrato nel consiglio d'amministrazione del London Stock Exchange il 16 marzo 2009, diventando amministratore delegato il 20 maggio dello stesso anno. Negli otto anni precedenti, Rolet (nella foto) era stato "senior executive" alla banca d'affari Lehman Brothers (fallita nel 2008), raggiungendo la qualifica di amministratore delegato per la Francia. In precedenza, Rolet aveva ricoperto posizioni di primo piano in Dresdner Kleinwort Benson (dal 1997 al 2000), nel Credit Suisse (dal 1994 al 1996) e in Goldman Sachs (dal 1984 al 1994).

La Borsa torna all'utile
Il 21 maggio scorso, il gruppo London Stock exchange ha diramato i conti del 2009 (il bilancio si è chiuso il 31 marzo). La novità è che il gruppo, che comprende anche Borsa Italiana, è tornato all'utile: il bilancio si è chiuso con profitti netti di 90,4 milioni di sterline. A trainare i risultati del London Stock exchange- si legge sul comunicato stampa - sono stati il mercato azionario italiano (cioè Piazza Affari), il settore del reddito fisso (principalmente il listino dei titoli di stato Mts) e il comparto del cosiddetto "post-trading" (cioè Monte Titoli e la Cassa di Compensazione e Garanzia). Insomma, i conti della Borsa di Londra sembrano avere beneficiato proprio delle attività nella penisola


LSE IN CIFRE
1,74 miliardi Capitalizzazione della società
Il titolo del London Stock Exchange ha chiuso le contrattazioni venerdì a 642 pence per azione, con un lieve rialzo dello 0,31% dopo un'ottava di forti oscillazioni. La capitalizzazione della società si è quindi attestata a 1,74 miliardi di sterline.

1.545 Dipendenti
Lse, che si è fuso con la Borsa Italiana nel 2007, conta nel complesso 1.545 dipendenti a livello internazionale. Lse è completamente elettronico e i titoli vengono trattati su diversi sistemi di trading.La media giornaliera di titoli scambiati è di crica 2 miliardi.

3.500 miliardi Capitalizzazione quotate
Sul Main market dell'Lse sono quotate circa 1.800 società per una capitalizzazione complessiva che supera i 3.500 miliardi di sterline. All'Aim sono invece trattati 1.060 titoli per un totale di 37 miliardi di capitalizzazione. Globalmente, infine, fra tutti i listini, il numero di società quotate supera le 3mila unità. Una particolarità è rappresentata dalla provenienza geografica: le imprese sul mercato britannico arrivano da 50 paesi diversi al mondo.

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