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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 08:10.
Attilio Geroni
PARIGI. Dal nostro corrispondente
È un divorzio industriale sempre più difficile e pieno di rancori quello che si sta consumando tra Areva e Siemens. Ad occuparsi di questa "causa" sarà anche l'antitrust europeo che ieri ha comunicato di aver aperto un'inchiesta per presunta violazione delle regole sulla libera concorrenza. Nel mirino della commissione c'è il patto societario che nel 2001 aveva vincolato i due gruppi nella realizzazione della joint venture Areva Np (ex Framatome) per la costruzione di centrali nucleari. Mai reso publico, quel patto proibiva ai contraenti, in caso di divorzio, di fare concorrenza all'altro nello stesso settore per un periodo non inferiore a otto anni.
I tedeschi hanno annunciato l'intenzione di uscire dalla società comune, dove avevano una partecipazione del 34%, all'inizio del 2009. E si sono affrettati a trovare una partnership alternativa con i russi di Rosatom per la costruzione di reattori ad acqua pressurizzata dando vita, almeno sulla carta, a un temibile concorrente di Areva. Il 3 marzo scorso questa stessa intesa ha avuto la benedizione del premier russo Vladimir Putin con la firma di un protocollo d'intesa per la costituzione di un'impresa congiunta con Rosatom. Il distacco e il nuovo legame sono però più facili a dirsi che a farsi poiché i francesi non ci vogliono stare, non a queste condizioni, che tra l'altro impongono un riacquisto della quota tedesca. A quale prezzo? Ancora non è stato fissato e siccome le parti non hanno trovato un accordo, è stato nominato un esperto dipendente che dovrà pronunciarsi entro la fine dell'anno.
Le stime che circolano danno un valore al 34% di Areva Np compreso tra i 2 e 2,5 miliardi di euro ed è chiaro che il gruppo guidato da Anne Lauvergeon voglia spendere il meno possibile e utilizzi la lettera del contratto, in particolare la clausola sulla concorrenza, per far leva sui tedeschi e strappare un prezzo più vantaggioso.
È abbastanza chiaro che l'inchiesta della Commissione europea, che si concentra sulla "presunta violazione" degli articoli 101 e 102 del trattato di Lisbona, sia più di gradimento dei tedeschi che non dei francesi nonostante resti il dubbio su come mai Siemens, nel 2001, non avesse avuto nulla da obiettare a riguardo. Non è chiaro, del resto, quando la clausola è stata inserita, se al momento della firma del patto tra azionisti oppure aggiunta in un secondo tempo. Probabilmente l'inchiesta di Bruxelles farà un po' di luce sugli aspetti legali.