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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 15:37.
Busan (Corea del Sud) - «Ripresa fragile, volatilità dei mercati finanziari, stato di costante allerta». È passato poco più di un mese dall'ultima riunione dei ministri finanziari e dei governatori del G-20 a Washington e il tono è nettamente cambiato. In peggio. Allora i venti, che rappresentano l'85% dell'economia mondiale, furono accusati di autocompiacimento dopo aver segnalato progressi più rapidi del previsto sulla via della normalizzazione dalla crisi più grave degli ultimi ottant'anni. Ora ritornano i toni allarmati.
Toni allarmati ma i mercati attendono rassicurazioni. I toni allarmati si ritrovano già nella bozza di comunicato su cui gli sherpa stanno lavorando in vista dell'incontro di domani, venerdì 4 giugno, e dopo in questa città portuale coreana: in mezzo ci sono state la crisi greca e il rischio di contagio agli altri paesi europei, i timori per il debito sovrano anche di "intoccabili" come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, le nuove fibrillazioni dei mercati. L'Europa si ritrova nella scomoda posizione di epicentro delle nuove turbolenze: per la gestione malcerta della crisi di Atene, per le divisioni interne con una Germania sempre meno collaborativa, per i dubbi sullo stato delle sue banche (dopo che la Bce ha previsto svalutazioni per 195 miliardi di euro nei loro bilanci per i prossimi due anni). A Busan era atteso più che altro un lavoro di preparazione in vista del vertice dei capi di Stato e di Governo di fine mese in Canada: la situazione fa sì che i mercati ora si aspettino qualche rassicurazione per l'immediato.
Crescita mondiale fragile. Il documento del Fondo monetario su cui i ministri discuteranno conferma le previsioni di una crescita attorno al 4% avanzate il mese scorso, ma parla di «ripresa fragile». Il timore è che le misure adottate per il risanamento dei conti pubblici in molti paesi europei possano fare da freno alla ripresa. «L'imperativo comune – ha detto il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner alla sua partenza da Washington – è portare avanti le manovre fiscali in modo growth-friendly, favorevole alla crescita».
Tassa sulle banche: per ora solo parole. Dopo una proposta lanciata dall'Fmi per creare una tassa sulla banche che serva a non far ricadere sui contribuenti i costi dei salvataggi bancari, il G-20 si è spaccato. Improbabile che si facciano progressi a Busan e probabilmente neanche al vertice canadese di fine giugno: gli Usa sono freddi, il Canada e il Brasile, i cui sistemi bancari sono usciti in buono stato dalla crisi, nettamente contrari, gli europei in disaccordo sulle modalità.