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Finanza e Mercati In primo piano

Mediaset perde il ricorso sui decoder

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 11:33.
L'ultima modifica è del 16 giugno 2010 alle ore 11:34.

Il Tribunale di primo grado dell'Unione europea boccia il ricorso di Mediaset sugli incentivi ai decoder digitali terrestri. Il gruppo televisivo annuncia ricorso in appello contro la conferma di quanto deciso nel 2007 dalla Commissione Ue. I contributi per i decoder digitali previsti dalle Finanziarie 2004 e 2005 costituiscono aiuto di Stato.
Il ricorso in appello è ammesso, entro due mesi, presso la Corte europea di giustizia. Mediaset ritiene che gli unici beneficiari di tale aiuto siano stati i consumatori. Il Tribunale Ue, nella sentenza, giudica «pacifico» che tali misure non abbiano favorito direttamente gli operatori televisivi, ma che lo abbiano fatto indirettamente. La finanziaria 2004 stanziò 110 milioni per contributi di 110 euro a consumatore e quella del 2005 altri 110 milioni, ma per singoli contributi di 70 euro. Europa 7 e poi Sky Italia avevano presentato una denuncia contro tali incentivi: nel gennaio 2007 arrivava la decisione della commissione che li definiva aiuti di Stato.

Al centro della decisione del Tribunale e della commissione, la violazione del principio della neutralità tecnologica: gli incentivi, infatti, escludevano i decoder per la piattaforma satellitare. La decisione della commissione imponeva all'Italia di procedere al recupero nei confronti dei beneficiari dell'aiuto, interessi compresi. Il governo Prodi mise in piedi una sorta di task force che quantificò l'aiuto che Mediaset avrebbe dovuto restituire. «I finanziamenti pubblici sono stati decisi quando il presidente del Consiglio era il proprietario di Mediaset, in palese conflitto d'interessi - commenta Paolo Gentiloni, che nel 2007 era ministro delle Comunicazioni - e conferma la giustezza del nostro operato». Secondo il Tribunale Ue, comunque, spetterà al giudice italiano pronunciarsi sulla giusta quantificazione e sulla restituzione dei benefici indiretti ricevuti, in particolare sul controverso calcolo sugli abbonamenti supplementari alla pay-per-view.

Il Tribunale conferma che la misura consentiva alle emittenti digitali terrestri e agli operatori via cavo di godere di un vantaggio rispetto alle emittenti satellitari, provocando una distorsione alla concorrenza a danno delle seconde. Se le emittenti satellitari avessero messo in commercio decoder "ibridi" per ricevere anche le trasmissioni digitali terrestri, e beneficiare quindi degli incentivi, avrebbero dovuto sostenere costi supplementari con relativo aumento del prezzo per i consumatori e perdita di competitività.

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Tags Correlati: Agcom | Corte di Giustizia | Mediaset | Paolo Gentiloni | Prodi | Sky Italia | Task Force |

 

La prima finanziaria che diede gli incentivi fu quella del 30 dicembre 2003. La legge Gasparri, approvata il 5 maggio 2004, ratifica l'imposizione all'Autorità per le comunicazioni di compiere un esame dell'offerta di programmi digitali terrestri. Tra gli obiettivi da accertare la presenza sul mercato nazionale «di decoder a prezzi accessibili» e la quota di popolazione coperta dalle nuove reti digitali, «comunque non inferiore al 50% della popolazione». Senza l'accertamento di tali condizioni, da effettuare entro il 30 aprile 2004 (data prevista dal decreto del governo del Natale 2003), l'Autorità per le comunicazioni avrebbe dovuto attuare quanto previsto dalla legge Maccanico sulle posizioni dominanti. L'accertamento dell'Agcom fu invece "positivo". La previsione di un incentivo, per l'anno 2004, agli utenti «che acquistino o noleggino un apparecchio idoneo a consentire la ricezione dei segnali in tecnica digitale terrestre» non poteva costituire, indirettamente, un beneficio a fronte di un accertamento negativo dell'Agcom?

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