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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 08:08.
LONDRA. Dal nostro corrispondente
All'Orangerie di Kensington palace, Rupert Murdoch intrattiene gli ospiti per il summer party di News Corp, evento londinese a ridosso di Ascot e Wimbledon. La lista degli ospiti è l'istantanea di un approccio ecumenico alla politica, il premier David Cameron incrocia il passo dell'ex ministro degli esteri David Miliband, enfant gatè del Labour, gettonatissimo, possibile prossimo leader del partito che fu di Gordon Brown. Al di là delle convinzioni, per il gruppo di Rupert Murdoch, la politica in Gran Bretagna, ha spesso avuto le forme di un tram, da cogliere ed eventualmente cambiare, con il solo obiettivo di andare dove si vuole. Dopo aver scommesso su Tony Blair, considerato più utile all'azienda e al Paese in quella fase storica, è tornato ai Tory, il mese scorso, apparentemente meglio equipaggiati per navigare il dopo crisi. E i Tory hanno vinto le elezioni. Ci hanno messo del loro, i conservatori, ma l'indicazione del Sun e l'«avanti tutta» del Times hanno aiutato. Sky tv non s'è apertamente schierata, limitandosi a lasciare intuire, con ferma decisione, dove battesse il suo cuore. E se in occasione delle prossime elezioni britanniche la pay Tv sarà interamente posseduta dal magnate australiano ai dieci milioni di abbonati arriverà un esplicito suggerimento di voto? Improbabile, crediamo. L'endorsement è, nella tradizione britannica, peculiarità dei giornali. Eppure il paradosso qui usato svela tutta la provocatoria silhouette politica dell'offensiva – la volontà di acquisire la totalità dell'azionariato BSkyB – del più attivo editore mondiale. L'ultima zampata sui media britannici della famiglia Murdoch – il figlio James è ceo per Europa e Asia – permeava l'atmosfera dell'Orangerie dove si sono visti, fra gli altri, Jose Maria Aznar, ex presidente del governo spagnolo, il banchiere Peter Sutherland, l'imprenditore Alan Sugar e ospiti italiani, da Claudio Costamagna a Francesco Caio.
L'interrogativo, tre giorni dopo la proposta di acquisto del 100% della tv via satellite inglese, resta lo stesso: perché questa mossa quando l'associazione fra News Corp e Sky è, nell'immaginario collettivo, già consolidata? E ancora, qual è la strategia globale del gruppo? «Non esiste un obiettivo planetario – dice un banchiere ben informato che preferisce restare anonimo – siamo davanti, piuttosto, all'avvio della mano europea. Con la totalità delle azioni di BskyB e di Sky Italia, più la forte quota in Germania sarà facile avviare un possibile consolidamento. Magari non formale, le società potranno anche restare, inizialmente, separate, ma con fortissime sinergie». Il nocciolo di Sky Europe? Sta nascendo qualcosa di molto simile, player globale di un mondo in rapidissima integrazione e trasformazione. È un fatto che il controllo assoluto su due delle tre gambe della trama di News Corp nell'Unione agevolerebbe un'operazione del genere, aiutando Sky Deutschland in perdita (97 milioni euro nel primo trimestre dell'anno) e ancora ferma a 2,5 milioni di abbonati. Lontano quindi dal target di 3 milioni considerato il minimo indispensabile. «Per un progetto di questo tipo – aggiunge il banchiere – è essenziale prima avere le mani libere nel Regno Unito dove l'acquisizione della società permetterebbe di agire con grande respiro rispetto a oggi. In Germania, probabilmente, potrebbe non essere necessario arrivare al controllo globale».