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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 08:07.
Immaginarsi l'oro tra le colline verdi dell'Umbria è assai improbabile. E infatti di lingotti nemmeno l'ombra (di tartufi grossi come pepite, però, a volontà). Ma la famiglia Colaiacovo, il terzo produttore di cemento in Italia (dietro a Pesenti e Caltagirone) e il principale gruppo economico-finanziario della regione, da Gubbio è partita alla conquista dell'oro del Nasdaq.
Goldlake, piccola compagnia mineraria fondata da Giuseppe Colaiacovo e capofila dell'oro etico, dopo aver sedotto il big mondiale del lusso Cartier (a cui vende le sue preziose e gialle pepite), ora conquista la Soltera Mining. Venerdì notte, in sordina, alla Sec è stato depositato un filing che svela i termini di un'operazione che proietta i Colaiacovo dagli Appennini a Times Square. Goldlake ha messo nel mirino un suo equivalente dal pedigree internazionale: un maxi-giacimento di oro alluvionale da 4.800 ettari di concessione, a 4mila metri di altitudine al confine nordoccidentale dell'Argentina; sede della società in Nevada e quotazione al Nasdaq (con un secondary listing a Francoforte). A capo, coincidenza, c'è un altro italiano, il geologo Fabio Montanari. Ma con un investimento da 1,5 milioni di dollari, Colaiacovo diventerà il principale azionista, arrivando a detenere il 40% della compagnia. Una mossa con cui Goldlake triplica le sue dimensioni, in termini di capacità estrattiva (oggi produce 150 chilogrammi all'anno).
Goldlake, si apprende dai documenti della Sec americana, effettuerà tre aumenti di capitale destinati a rilanciare la produzione di Soltera e ristrutturare il debito della società. I primi 300mila dollari saranno versati entro la fine del mese e serviranno a mantenere la concessione del governo di Buenos Aires. Gli altri per avviare l'esplorazione e l'estrazione dell'oro. Giuseppe, il più dinamico della seconda generazioni dei Colaiacovo che hanno costruito, attorno alla Colacem, un impero industrial-finanziario (esprimono il presidente della Fondazione CariPerugia e sono ex soci forti di Capitalia all'epoca di Cesare Geronzi, ora titolari di uno 0,2% di UniCredit che vale 50 milioni di euro), è il rampollo con le relazioni nei salotti buoni e nell'alta finanza: amico personale di Matteo Arpe, Giuseppe è stato consigliere indipendente di Snam Rete Gas e si è seduto nel board di Mcc, la merchant bank di Capitalia. La holding Gold, che non c'entra nulla con l'oro ma è l'acronimo dei nomi di un ramo della famiglia, è uno dei sottoscrittori di Charme, il fondo del Made in Italy messo in piedi da Matteo Montezemolo e Diego della Valle; ed è socia di Nextrend, il fondo innovativo del patron di Technogym Nerio Alessandri. Alcuni anni fa la Gold ha iniziato una diversificazione dal cemento (anche perché nella dinasty familiare non sono mancate frizioni e spaccature in passato) e investendo in Honduras, dove Colaicovo ha acquistato una miniera, è nata Goldlake. Oltre a creare la prima e unica compagnia mineraria di un Paese, ironia della sorte, importatore totale e partendo una città famosa per i suoi monumenti, ma marginale e isolata nel panorama economico, Colaiacovo ha puntato sull'innovazione dell'oro etico. Il metallo in questione non è estratto da miniere sfruttando bambini o minorenni, ma ottenuto da giacimenti fluviali dove non si deturpa l'ambiente e non si usano sostanze chimiche nocive ai lavoratori. Per questo la maison orafa parigina ha scelto Goldlake come fornitore. Se tutto andrà bene, è in corso una due diligence per verificare che l'oro sia di qualità e gli standard produttivi in linea con quelli italiani, dall'Argentina un milione di once prenderanno la via di Arezzo (dove Goldlake, in joint-venture con Italpreziosi, lavora l'oro). Il passo successivo potrebbe essere la fusione delle due compagnie: la Pmi partita dall'Umbria si vedrebbe quotata sul listino hi-tech americano. In compagnia di Microsoft, Google e Apple.