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Finanza e Mercati In primo piano

«Kerviel è stato una catastrofe»

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 08:09.


PARIGI. Dal nostro corrispondente
L'ultimo testimone era forse il più atteso, a giudicare dal pienone dell'aula dove il processo Kerviel è arrivato alle battute finali, anche se tutti sapevano che la sua deposizione non avrebbe portato novità clamorose. Daniel Bouton è l'uomo che nel concitatissimo gennaio 2008 diede del «truffatore» e del «terrorista» al trader che fece perdere alla banca di cui era presidente, Société Générale, quasi 5 miliardi di euro. Fino a ieri non si erano mai incontrati. Il patron di SocGen non ha aveva mai ritenuto necessario un faccia a faccia col giovane irresponsabile che aveva cambiato, anzi stravolto, la sua vita di enarca inappuntabile. Bouton ha da tempo lasciato la banca, dopo averla traghettata nella bufera, e oggi ha una propria società di consulenza. A chiamarlo come testimone non sono stati né la difesa di Jérôme Kerviel né la stessa Société Générale, ma il legale di un gruppo di azionisti costituitosi parte civile.
Con lui in scena, a qualche centimetro dall'imputato, e con la domanda finale del giudice Dominique Pauthe, la stessa di inizio processo («Chi è lei, monsieur Kerviel?») l'udienza di ieri è stata una delle meno concludenti sotto il profilo giuridico, ma senz'altro una delle più appassionanti dal punto di vista umano, emotivo.
Daniel Bouton è un grande oratore, scuola Ena e si vede, distaccato e ironico, senza tentazioni paternaliste nei confronti dell'ex trader: «Cinquanta miliardi, è mostruoso! È stata una catastrofe», ha esclamato rievocando il momento in cui i vertici della divisione di investment banking, dopo aver scoperto le posizioni non autorizzate, gli hanno comunicato la ferale notizia. Pur riconoscendo l'esistenza di enormi falle nel sistema di controllo, l'ex numero uno di SocGen ha detto di non aver mai creduto «per un solo secondo all'idea che i superiori di Jérôme Kerviel fossero al corrente» di quelle operazioni sui futures il cui valore nominale superava una volta e mezza i fondi propri della banca.
«Perché, signor Bouton, ha subito definito Kerviel un terrorista, un truffatore? Che cosa glielo faceva pensare», lo ha incalzato il presidente del tribunale? «Erano ipotesi, signor giudice, solo ipotesi», ha minimizzato.

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Tags Correlati: Consob | Daniel Bouton | Dominique Pauthe | Giustizia | Jérôme Kerviel | Maxine Kahn | Olivier Metzner

 

Kerviel ha riconosciuto di aver commesso «degli errori» di essere «colpevole» e di aver fatto «delle cose insensate», ma ha ripetuto per l'ennesima volta la sua tesi di fondo: «Continuo a dire che fino a quando guadagnavo, allora i miei superiori erano contenti, e quando perdevo non lo erano più». I difensori di Kerviel hanno cercato di mettere in imbarazzo Bouton sulla cultura del rischio e del guadagno che il suo arrivo alla guida di SocGen, nel 2002, avrebbe inculcato ai dipendenti e soprattutto alla schiera degli operatori di mercato. L'ex manager è stato però preciso ricordando, cifre alla mano, che prima che arrivasse lui la banca destinava il 49% dei fondi propri alle attività di mercato: «Voglio ricordare che con me siamo scesi al 30%».
L'altro testimone eccellente (ne sono stati ascoltati una trentina) è stato Maxine Kahn, il trader della Générale incaricato dai superiori di chiudere le posizioni aperte da Kerviel tra il 21 e il 23 gennaio 2008. Secondo la sua ricostruzione, era l'unica operazione da fare, peraltro concordata con la Consob e la Banca di Francia. Kahn ha inoltre detto che non è compito di un trader prendere posizioni unidirezionali scommettendo sul ribasso o sul rialzo dei mercati «se non per dei periodi ben definiti e sulla base di analisi precise». Domani ci sarà la requisitoria del pubblico ministero mentre venerdì toccherà all'avvocato di Jérôme Kerviel, Olivier Metzner.
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