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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 19:21.
Dopo l'accordo tra Camera e Senato della scorsa settimana sulla riforma della finanza Usa, uno dei capisaldi della politica di Barak Obama per uscire definitivamente dalla crisi e, possibilmente, evitarne di altre, rischia di dover aspettare qualche settimana in più per l'approvazione al Senato. Il motivo è la morte, lunedì, del 92enne senatore democratico Robert Byrd. Con la sua scomparsa viene a mancare ai democratici un voto che potrebbe essere decisivo per l'approvazione alla camera alta. Il partito del presidente, dunque, non vuole correre rischi e preme per un rinvio fino alla settimana del 12 luglio.
Il voto della Camera dei rappresentanti è atteso per mercoledì mattina. Se il Senato andasse al rinvio, salterebbe la firma in pompa magna di Obama, in calendario per il 4 luglio. Ma se per la Casa Bianca il Dodd-Frank rappresenta una svolta della regolamentazione dei mercati finanziari, numerose sono le critiche alla legge.
«Molto deluso» è Simon Jonhson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale e autore insieme a James Kwak di "13 bankers", il best seller che denuncia gli intrecci di potere tra i signori della finanza americana e il potere politico. Una bocciatura senza appello, quella di Johnson, che tuttavia non sorprende, alla luce delle battaglie condotte dall'economista che se la prende con la Casa Bianca, colpevole di aver «ripetutamente giocato d'azzardo, scegliendo l'apparenza di una punzecchiatura superficiale» anziché sfruttare «l'opportunità di affrontare con decisione il problema». Insomma, ci sono tutte le premesse per «il prossimo ciclo globale del credito, con le banche 'troppo-grandi-per-fallire' al centro della scena».
Più tenero, ma comunque pessimista, è Andrew Ross Sorkin, editoralista del New York Times, convinto che la riforma di Obama «servirà solo a mitigare l'esplosione della prossima bolla sui mercati finanziari, ma non certo ad evitarla». In ogni caso Sorkin riconosce al Dodd-Frank Act alcuni meriti, e ritiene che se le autorità Usa avessero avuto a disposizione uno strumento del genere nel 2008, «il fallimento di Lehman Brothers probabilmente sarebbe stato scongiurato» e anche altre situazioni pericolanti come Aig, Bank of America, Citigroup, ma anche Goldman Sachs e Morgan Stanley sarebbero state messe in sicurezza. «I top manager sarebbero stati buttati fuori».