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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2010 alle ore 16:52.
Nuove opportunità di business? «Indubbiamente ci sono». La risposta, univoca, arriva da due differenti manager: Alberto Pravettoni, managing director delle strategie aziendali della britannica LchClearnet, e Thomas Book, consigliere del board esecutivo di Eurex (Deutsche Börse). Un'identità di analisi a conferma di una situazione non da tutti percepita: le riforme nel mondo dei derivati e dei mercati Over the counter (Otc), con la richiesta di più stanze di compensazione per ridurre il rischio di controparte, aprono alle clearing house un business non da poco.
Per rendersene conto basta qualche numero. A fine 2009 il valore di swap e future scambiati negli Otc era di 614.674 miliardi di dollari; mentre nel primo trimestre 2010, solo negli Stati Uniti, il nozionale dei derivati trattati su queste piattaforme poco trasparenti è salito a 216.500 miliardi. Certo, spesso la controparte centralizzata già esiste; e certo, il trasloco su mercati regolamentati non si trasforma automaticamente in nuovi margini da "incassare". Tuttavia se Citigroup calcola che, a causa del maggiore peso delle stanze di compensazione, i ricavi da derivati delle banche scenderanno di oltre 4 miliardi, ben si può capire perché le clearing house abbiano alzato le antenne in Europa, e non solo.
Bruxelles, che ha avviato una consultazione in materia, ha lanciato l'allarme: Patrick Pearson, capo del gruppo di lavoro della Commissione sulla riforma di derivati e Otc, ha posto l'accento sulla solidità finanziaria delle controparti centrali stesse. «Analizzando 13 società – ha detto – abbiamo scoperto che il capitale sociale varia da un minimo di soli 29.000 euro fino a centinaia di milioni». Numeri tanto differenti da far capire che anche le stanze di compensazione, ora considerate la panacea di tutti i mali, possano finire in difficoltà. Ed è proprio questo che Bruxelles vuole evitare, premendo in favore di minimi comuni standard finanziari. «L'introduzione di norme comuni a livello europeo è positiva – sottolinea Paolo Cittadini, ceo di Cassa di Compensazione&Garanzia –. Ciò detto, il requisito minimo di capitale è tutto sommato un aspetto marginale: più rilevante è la gestione dei rischi». Vale a dire? «Penso a quella parte della consultazione Ue dove si parla della creazione in ogni clearing house di un comitato consultivo sul risk management, partecipato anche dagli operatori di mercato; senza dimenticare, poi, un sistema mutualistico di garanzia obbligatorio» tra tutte le stanze di compensazione europee. L'impostazione di fondo della clearing house di Borsa italiana è condivisa da LchClearnet. L'industria della "compensazione" finanziaria, insomma, è favorevole a minime regole comuni. Diverso, invece, il discorso rispetto alla creazione di un organo europeo con funzioni di controllo. «Dovrà svolgere – dice Pravettoni– solo attività di coordinamento e supervisione. Non deve possedere un potere sanzionatorio. Né, deve essere eliminata la competenza dei regulator nazionali». Come dire, evidentemente, che l'appartenenza a culture finanziarie differenti non si supera facilmente.