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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 08:31.
Il nuovo incarico di Giuseppe Mussari non cambia la distribuzione del potere a Siena. Il presidente di Banca Monte dei Paschi, che oggi sale sulla poltrona più alta dell'Abi, manterrà il doppio incarico senza vedersi costretto a lasciare deleghe operative al vertice di Rocca Salimbeni. Il motivo è semplice: non ne ha mai avute. Dal 2006, la gestione del gruppo senese è infatti esclusivamente nelle mani del direttore generale Antonio Vigni. E così resterà anche nel prossimo futuro.
Non è la prima volta che il Monte esprime il leader dei banchieri italiani: era già accaduto con Piero Barucci alla fine degli anni '80. Allora, però, fu determinante il peso politico dell'economista fiorentino (vicino alla corrente di sinistra della Dc). Adesso, in favore di Mussari ha giocato soprattutto il ruolo assunto da Banca Mps nello scenario nazionale del credito (è il terzo gruppo bancario del paese), oltre all'indipendenza dimostrata nelle decisioni strategiche (no a Bnl, sì all'acquisto di Antonveneta) e nella scelta delle alleanze (stop ai legami con Hopa e Unipol; nuove joint con Axa e Clessidra).
«La nomina di Mussari all'Abi è un fatto importante a livello personale, ma anche un grande riconoscimento per la nostra banca», commenta Vigni. Il direttore generale di Rocca Salimbeni, che di fatto svolge le funzioni di amministratore delegato, sta pilotando il Monte fuori dalla fase di ristrutturazione iniziata nel 2006, che dovrebbe concludersi entro il 2010, in anticipo di un anno sulla tempistica del piano industriale, con la vendita degli immobili strumentali (per la quale è in corso un confronto con la Consob) che porteranno altri 40 punti base all'indice di patrimonializzazione e, insieme all'ultima cessione di 50 sportelli a Intesa Sanpaolo (25 punti base), spingeranno il Tier 1 del gruppo dall'attuale 7,6% a oltre l'8. Un livello che consente ai senesi di dichiararsi in «serena attesa» degli stress test europei.
In meno di tre anni, dalla fine dal 2007 a oggi, il Monte ha cambiato pelle: la rete è passata da 2 a 3mila sportelli, con una copertura completa del territorio nazionale; la quota di mercato è salita dal 5,7 al 9,6%; gli asset non strategici ceduti, per fare cassa e concentrare le risorse nel core business dell'attività retail; sono nate le alleanze con Axa nella bancassicurazione e con Clessidra nel risparmio gestito; incorporati Bam, Banca Toscana e la maggior parte degli sportelli di Antonveneta; ridotto i costi in maniera significativa; emesso 1,9 miliardi di Tremonti bond. «Abbiamo creato i presupposti di efficienza e solidità per intercettare la ripresa», commenta Vigni.