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Finanza e Mercati In primo piano

Il passo certo di Marchionne

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 07:49.

La scelta di tenere oggi il cda della Fiat a Detroit segnala che la complessa marcia di avvicinamento fra la casa di Torino e la Chrysler sta giungendo a una stretta e indica probabilmente che l'integrazione sta entrando nella sua fase operativa, anche per quanto riguarda l'architettura finanziaria dell'operazione, sui cui le agenzie di rating aspettano di sapere di più.
L'alleanza tra Fiat e Chrysler, destinata a sfociare in un gruppo internazionale dell'auto dal profilo inedito, comporta momenti e passaggi differenziati.

Oggi per Sergio Marchionne la priorità è costituita dal rilancio della Chrysler, che il prossimo anno dovrà tornare in Borsa, esattamente come ci si attende che farà anche il gigante malato di Detroit, la General Motors.

È irta di complessità la via di una fusione che si è annunciata subito diversa dalle altre che hanno fin qui interessato il settore dell'auto. Il percorso di Fiat e Chrysler non può procedere in modo strettamente parallelo perché le due imprese devono affrontare e gestire problemi e condizioni differenti. Oggi Marchionne ha dinanzi a sé l'obiettivo di riaccreditare la Chrysler, che la crisi aveva sospinto ai margini del mercato americano.

Quest'opera di rilegittimazione della casa di Detroit passa anzitutto attraverso la ripresa della sua quota di mercato: dopo mesi di ristagno, le vendite dei suoi marchi hanno fatto segnare due buone performance nei mesi di maggio e di giugno. In quest'ultimo mese, in particolare, si è registrato un aumento del 35% che ha posto la percentuale d'incremento della Chrysler davanti a quello delle altre case. I volumi rimangono peraltro contenuti, in un mercato che è lungi dall'avere un andamento brillante, ma segnano un'inversione di tendenza, che Marchionne cercherà di consolidare nel secondo semestre di quest'anno.

Quali siano i suoi obiettivi lo ha chiarito nella lunga intervista concessa ai primi di luglio al Premio Pulitzer Paul Ingrassia, riportata con molto risalto dal Wall Street Journal. In essa si ritrovano alcuni degli elementi chiave che distinguono l'approccio del manager italo-canadese. Da un lato, c'è l'indicazione di obiettivi che possono essere raggiunti perché collocati entro una portata ragionevole; dall'altro, ci sono la grande determinazione e la fermezza con cui è posta la necessità di conseguirli.

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Tags Correlati: America del Nord | Borsa Valori | Chrysler | Fiat | Fusioni e Acquisizioni | General Motors | Paul Ingrassia | Sergio Marchionne | Torino

 

Il punto di pareggio della Chrysler per il 2010 è situato da Marchionne a 1,65 milioni di vetture: limitato, dunque, ma in grado, grazie al feroce contenimento delle strutture di costo, di generare utile. A dicembre, poi, si vedrà il primo frutto concreto della collaborazione con la Fiat: dall'impianto attivato in Messico incominceranno a uscire le 500. Anche qui siamo di fronte a traguardi tutt'altro che sproporzionati: della 500 saranno prodotti 120mila esemplari all'anno, destinati per metà al mercato brasiliano e per metà a quello Usa, da diffondersi presso le maggiori aree metropolitane, allo scopo di imporre la 500 come una city car, come un oggetto di tendenza.

Una strategia di nicchia, dunque, che si propone di affrontare la risalita della Chrysler nel mercato mondiale attraverso una politica di passi graduali. Come ha detto ancora Marchionne: «Non voglio conquistare il Nord America, ne voglio soltanto una quota». Quest'approccio prudente è finalizzato a restituire credibilità alla Chrysler e all'alleanza con Fiat mediante un rigoroso rispetto delle tappe che Marchionne ha individuato.

A questo punto, però, occorre compiere la mossa successiva e chiarire meglio quale sarà l'architettura finanziaria che dovrà sorreggere la fusione. È questo quanto si aspettano di conoscere gli analisti e il mercato a partire da oggi in tempi piuttosto ravvicinati. Sarà essenziale sia per quanto riguarda il ritorno in Borsa della Chrysler sia per quanto attiene la normalizzazione della sua compagine azionaria. È evidente, infatti, che la quota del capitale attribuita al fondo pensionistico del sindacato Usa dell'automobile in circostanze eccezionali dovrà essere fortemente ridotta (e forse, in prospettiva, annullata). Ed è altrettanto evidente che di qui prenderà forma l'assetto proprietario del nuovo gruppo automobilistico creato con la fusione.

Questa trasformazione deve essere portata a compimento attraverso una concatenazione di passaggi che hanno scansioni precise e in sequenza. Si capisce così perché Marchionne giochi adesso la sua partita in primo luogo sulla scacchiera americana, ben sapendo che la Fiat in Europa, dopo la fine degli incentivi e in attesa dei nuovi modelli futuri, ha dinanzi a sé un periodo di opacità.
Fra Detroit e Torino è in corso una relazione biunivoca che si regge su una delicata azione di incroci: è in larga parte dalla sua efficacia che dipenderà il risultato finale.

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