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Finanza e Mercati In primo piano

Ecco come è andata l'ultima settimana finanziaria. A Wall Street c'è voglia di ripresa

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2010 alle ore 09:25.

Sembrerebbe esser stata il paradiso dei trader questa settimana delle borse: ammesso che chi, per mestiere, compra e vende ripetutamente nell'arco di una giornata sia riuscito a capirci qualcosa negli schizofrenici su e giù degli indici. Specie a Wall Street, dove future e S&P si sono mossi per ragioni che nulla hanno a che fare con i fondamentali. Probabilmente c'è stato lo zampino dei trader ad alta frequenza con i loro algoritmi: che se fosse così, anche i poveri day trader tradizionali dovrebbero aver indovinato assai poche operazioni. Chi scrive non ha capito assolutamente nulla, se non che queste convulse reazioni delle borse sono assai pericolose per gli investitori che ragionano sui fondamentali e che si pongono un orizzonte di almeno una settimana.

L'evento più notevole è stato, mercoledì, il discorso del presidente della Fede la reazione che n'è seguita a Wall Street (-1,3% l'S&P) è stata la sola cosa sensata che s'è vista in cinque sedute. Gli operatori hanno dovuto sentirsi dire chiaro e tondo che le cose non andavano così bene per l'economia americana, che la ripresa è più lenta del previsto e che la banca centrale potrebbe essere costretta a somministrare nuovi stimoli monetari. Ma ancora in serata, prima che iniziasse a parlare Ben Bernanke, gli operatori di Wall Street raccontavano allegramente a Reuters e a Bloomberg che s'aspettavano parole confortanti sulla ripresa economica: come se dopo le minute dell'ultimo Fomc fosse arrivata una sola notizia macro migliore del previsto.

«Lo scenario economico rimane insolitamente incerto», ha esordito Bernanke, i nuovi assunti «sono insufficienti a ridurre il tasso di disoccupazione» e il mercato immobiliare «resta debole, depresso dalle tante abitazioni di chi è insolvente». Di exit strategy (riduzione degli stimoli monetari) non se ne parla più e i tassi d'interesse resteranno bassi per un periodo assai lungo. La Borsa, che fino a quel momento stava galleggiando, va a fondo tra il dichiarato stupore e la delusione degli operatori. Ma non s'erano accorti costoro che i rendimenti sul mercato obbligazionario erano già caduti ai minimi storici, anticipando da giorni le cattive notizie sull'economia di cui la Fed ha semplicemente preso atto?

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La logica avrebbe suggerito un mercato azionario prudente nei giorni successivi. E, invece, giovedì Wall Street ha recuperato il doppio di quanto aveva perso mercoledì, con gli operatori entusiasti dei risultati migliori delle attese di Caterpillar e Ups e perfettamente incuranti di sussidi di disoccupazione peggiori del previsto e di minori vendite di case. Infine, ieri, venerdì, è stato il trionfo della schizofrenia nell'assoluta mancanza di novità: a patto che non si vogliano considerare tali i cattivi risultati di Amazon o quelli migliori delle attese di Verizon. Per quattro volte il future sull'S&P è caduto e per quattro volte è risorto con escursioni attorno all'1%, tra scambi come di solito si vedono alla vigilia di Natale.

Se proprio qualcosa di buono si vuol trovare in questa settimana è ancora sul fronte dei risultati societari che sono apparsi in gran parte migliori del previsto: a ben vedere, più per gli utili che per i ricavi. In ogni caso s'è avuta conferma che l'America delle aziende, quelle grandi e quotate a Wall Street, è decisamente in miglior forma dell'economia americana. Gli utili del secondo trimestre sono adesso attesi in crescita di oltre il 30%: 3 punti in più delle stime d'inizio mese. Qualcuno ha pure voluto leggere del buono negli stress test europei. Ma in questa grande trovata pubblicitaria, orchestrata dalla Bce e dalle autorità bancarie europee, solo 7 tra le piccole e più scalcinate banche del Vecchio continente non hanno superato la prova: a dimostrazione che è meno facile passare l'esame per la patente che questo test.

In settimana l'S&P ha guadagnato il 3,5% (+4,1% il Nasdaq) e lo Stoxx il 3,2% (+3,1% Parigi, +2,1% Francoforte, +3% Londra, +2,2% Milano).
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