Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 08:00.
«Non esiste un gruppo, ma una famiglia». Dalla centralissima Piazza Piccapietra, a Genova, dove ha sede il quartier generale dei Malacalza, questo concetto si ribadisce più volte. I nuovi soci di Marco Tronchetti Provera, il patron Vittorio, 73 anni, e i figli Davide, 45, e Mattia, 42, hanno sempre gestito le attività e gli storici business in piena autonomia. Non esiste alcun accordo parasociale o patto di famiglia, né tantomeno documenti in grado di dirimere controversie interne che, si ammette, sono frequenti date le visioni spesso diverse in tema di investimenti: il padre Vittorio, imprenditore vecchio stampo che obbedisce più all'intuito che a ricerche ossessive o business plan («Faccio impresa, e se mi convinco che una azienda vale e il business di cui si occupa sopravviverà in futuro investo, senza troppi giri di parole»); i due figli, a loro volta con personalità diverse e capacità complementari, più analitici e meno propensi al rischio («Prima di investire chiedo approfondite due diligence», dice Davide).
Eppure questo modus operandi che si è sviluppato negli anni lungo l'asse che va da Genova, sede di diverse società di famiglia, a Lugano, dove vive Mattia, sembra finora aver funzionato: sono compatti come dieci anni fa, hanno zero debiti e il loro conto in banca vale oltre 1 miliardo di euro. Denaro cash, «liquidabile nel giro di 48 ore», come si affrettano a chiarire i documenti di bilancio, incassato qualche anno fa dalla vendita delle loro aziende siderurgiche riunite nella Trametal al magnate ucraino Rinat Achmetov. Il controvalore dell'operazione, mai rivelato, è stato pari a 1,1 miliardi di cui appena il 7%, circa 80 milioni, sono stati investiti ora in Camfin e Gpi.
Il Sole24 Ore ha ricostruito il «viaggio» del maxi assegno staccato dal magnate ucraino e il sistema di società che, da allora, ruota intorno alla famiglia e che sancisce un principio di base: «Liberi tutti».
Kabiria e Vama
Il "sistema Malacalza" nasce dopo la profonda riorganizzazione avvenuta tre anni fa in occasione del disimpegno della famiglia da Trametal. Fino a quel momento la famiglia aveva una holding lussemburghese di riferimento, battezzata Ofima, partecipata al 50% da Mattia e Davide, a cui facevano capo le attività in Trametal, Asg (superconduttori) e Tectubi e Omba Impiati (impiantistica).
Davide
Malacalza
La gestione
delle aziende
In Hofima 500 milioni
Gestisce e amministra le aziende di famiglia. A lui, 45 anni, fa capo direttamente la Hofima che a fine 2009 ha in bilancio circa 500 milioni di euro di liquidità in depositi Il veicolo Luleo sa
Residente in Svizzera, 42 anni, cura il campo delle relazioni internazionali. Opera attraverso la lussemburghese Luleo e partecipa al 48% alla Malacalza investimenti La famiglia Malacalza I NUMERI
1,1 miliardi
Il maxi assegno
Dalla cessione di Trametal al magnate ucraino la famiglia Malacalza ha incassato 1,1 miliardi di euro. Le risorse sono finite per metà in Hofima, la holding di Davide, su cui nel 2008 sono state pagate tasse per 14 milioni circa (pari al 5%). Il resto è stato girato a Mattia, residente in Svizzera da anni.
35 milioni
Gli immobili
Vittorio, fondatore del gruppo, non partecipa direttamente le aziende di famiglia, ma ha solo una quota simbolica del 4% in Malacalza Investimenti, a cui fanno capo le partecipazioni nel gruppo Pirelli, e la proprietà piena di Stuarta Immobiliare. Si tratta di una azienda che investe in Immobili e che alla fine del 2009 aveva un attivo di 35 milioni costituito da una quindicina di plazzi e complessi industriali sparsi per Genova.
80 milioni
L'investimento nella Bicocca
Per diventare il secondo socio del gruppo Camfin-Pirelli dietro Marco Tronchetti Provera, la famiglia Malacalza ha investito 80 milioni di euro. Si tratta di appena il 7% della liquidità su cui la famiglia genovese può contare. Oggi la newco Malacalza Investimenti, partecipata al 48% da Davide e Mattia, ha il 30% di Gpi e il 12,1% di Camfin.