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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 08:00.
NEW YORK
L'ultima puntata di Mad Men, la serie cult della televisione americana, si è conclusa con una scena oggi impensabile. O forse sì, visto l'ultimo scandalo che ha colpito Mark Hurd, il potente amministratore delegato di Hewlett-Packard costretto a dimettersi per una storia a metà sessuale e a metà di falsi rimborsi spese.
Mad Men ha i colori, gli odori e i sapori di un'ambientazione corporate chic anni Sessanta. Don Draper, il gran capo di una delle agenzie pubblicitarie di Madison Avenue, ha dimenticato in ufficio le chiavi di casa. È piuttosto sbronzo. Chiama la segretaria. Lei rinuncia agli impegni prenatalizi con gli amici, trova le chiavi e si scapicolla dal suo boss. Gli apre la porta, lo aiuta a sistemarsi sul divano e gli dà un'aspirina. Fa per andarsene, ma lui la trattiene e la bacia. Senza nemmeno spogliarsi, capo e segretaria consumano un rapido atto sessuale. Lei va via. L'indomani lui la convoca nel suo ufficio. Fa finta di niente. Le dà una busta col bonus natalizio. Lei torna alla scrivania. Apre la busta. Dentro ci sono due banconote da cinquanta dollari e un biglietto scritto a mano: «Grazie per tutto quello che hai fatto, Don». Singhiozzante, prende un foglio di carta e lo infila nella macchina per scrivere. Comincia a battere sulla tastiera. La puntata finisce lì, senza spiegare se la ragazza stia scrivendo una lettera di dimissioni, se voglia denunciare il capo oppure, come è probabile, se sia semplicemente tornata al lavoro.
L'America di oggi non è più quella maschilista, misogina e politicamente scorretta degli anni Sessanta, quando non faceva scandalo la vita privata di John Fitzgerald Kennedy. Non è più nemmeno quella dei Novanta, quando si è improvvisamente accorta che i casi di molestie sessuali erano diventati uno dei contenziosi principali nei luoghi di lavoro. Il sexgate di Bill Clinton e la stagista Monica Lewinsky è stato l'emblema dell'era del "sexual harassment". In quegli anni il Congresso ha legiferato e le aziende hanno adottato rigorose e a volte paradossali misure per educare i lavoratori e punire i molestatori.
Mark Hurd, il manager che ha trasformato HP nella più grande società tecnologica del mondo, in realtà è stato fatto fuori per aver truccato le note spese. La storia però è iniziata a giugno con una denuncia per molestie sessuali di una fornitrice di servizi con cui Hurd aveva «una stretta relazione personale». Tra i due non c'è stata una storia d'amore né rapporti sessuali, ha precisato l'avvocato dell'anonima collaboratrice. Mentre l'azienda indagava sulle molestie si è accorta che alcune note spese coprivano pagamenti fatti alla donna, anche per eventi mai organizzati, e viaggi e cene che Hurd sosteneva di aver fatto da solo o con altre persone. L'accusa di molestie è caduta, ma l'uso non appropriato di fondi ha convinto il board a chiedere le dimissioni del Ceo. Hurd ha offerto invano di ripagare le spese, una cifra inferiore a 20 mila dollari, un'inezia per uno che stava chiudendo un nuovo contratto triennale da 100 milioni di dollari. Hurd se ne va con una buonuscita di 12,2 milioni più un pacchetto di azioni da 23 milioni. Al suo posto è stata nominata ad interim la direttrice finanziaria, Cathie Lesjak. In Borsa HP ha perso il 10 per cento.