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Finanza e Mercati In primo piano

L'economia americana non riparte. Salgono disoccupazione e deficit pubblico

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:07.

Nuovi dati inquietanti sull'economia americana hanno rafforzato ieri le plumbee previsioni di una imminente doppia recessione e la borsa Usa è caduta, con il Dow Jones in calo dell'1,9% e l'indice Standard and Poor's del 2,1 per cento. Sono cresciute le domande di sussidi alla disoccupazione ai livelli di nove mesi fa, inequivocabile segno di un mercato del lavoro stagnante; sono cresciute le stime sul deficit pubblico per il prossimo anno, sintomo di un'economia senza sprint; e stanno crescendo rapidamente le difficoltà per il presidente Obama, il cui controverso programma di stimoli economici varato all'inizio del 2009 non ha avuto il successo sperato in tempo per le elezioni di midterm di novembre.

La sensazione che l'economia americana stia facendo marcia indietro è stata confermata ieri dal sorprendente aumento delle domande di sussidi la settimana scorsa ai livelli del novembre 2009. Altri 12mila neodisoccupati hanno chiesto l'assistenza pubblica offerta dagli stati, prova che molte aziende americane hanno congelato le assunzioni in un clima di generale incertezza sul futuro. Il totale ha superato il mezzo milione, a un passo dal record negativo di 509mila dello scorso 14 novembre.

Intanto il Congressional Budget Office, l'imparziale centro di ricerca economica del Parlamento Usa, ha avvertito che la debolezza dell'attività manifatturiera e tassi di disoccupazione cronicamente alti impediranno all'immenso deficit pubblico di scendere sensibilmente nei prossimi anni. Il Cbo calcola che il deficit raggiungerà 1.342 miliardi di dollari quest'anno (il 9,9% del Pil) e soprattutto scenderà meno del previsto nel 2011, a 1.060 miliardi (rispetto ai 980 ipotizzati all'inizio dell'anno).

La grave situazione delle finanze pubbliche preoccupa molto l'elettorato, e secondo i sondaggi la maggioranza degli americani attribuisce la colpa agli alti tassi di disoccupazione e alle politiche fiscali del presidente Obama, in particolare al pacchetto di stimoli da 787 miliardi di dollari varato nel febbraio 2009 e alla riforma sanitaria approvata il primavera. Benché il deficit abbia iniziato a crescere nel 2002 appena dopo l'insediamento di George Bush alla Casa Bianca, la percezione pubblica è inequivocabilmente critica della politica economica del presidente democratico.

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Tags Correlati: Cbo | George Bush | Michael Boskin | Obama | Occupazione | Standard and Poor's

 

Il massiccio pacchetto di spesa pubblica varato un anno e mezzo fa oltretutto ha fatto lievitare il deficit senza finora riuscire ad abbassare il tasso di disoccupazione, fermo al 9,5 per cento. Se si dà retta a un economista neo-keynesiano come il premio Nobel Paul Krugman il pacchetto di stimoli economici di un anno fa avrebbe dovuto essere ancor più alto per essere efficace. Se si ascoltano invece economisti conservatori come Michael Boskin, ex-capoeconomista della Casa Bianca sotto George Bush senior, l'austerità fiscale è essenziale per stabilizzare l'economia e favorire l'iniziativa imprenditoriale.

Il dibattito sui meriti dell'espansione fiscale di Obama resta aperto, ma molti economisti si stanno chiedendo oggi cosa possa spiegare il rallentamento della crescita economica dopo solo otto-nove mesi di ripresa. Il Pil americano è salito del 3,7% nel primo trimestre 2010, del 2,4% nel secondo e secondo le nuove previsioni la crescita potrebbe frenare all'1,5% nella seconda metà dell'anno. O addirittura arrestarsi del tutto secondo i pessimisti: «Il rischio di una recessione a doppia V continua a salire», ha detto ieri l'economista Nouriel Roubini.

È l'incertezza sul futuro a paralizzare le decisioni di spesa e investimento. Le aziende Usa quest'anno hanno riportato in media profitti elevati, e siedono su un gruzzolo di quasi 2mila miliardi di riserve liquide che non vogliono investire. Vi è incertezza sui livelli delle aliquote fiscali per i redditi alti, sulle ripercussioni della riforma sanitaria sui costi aziendali, sulle limitazioni imposte dalla riforma finanziaria, sui deficit futuri. Le aziende non investono e non assumono, i consumatori non spendono: un circolo vizioso davvero preoccupante.

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