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Finanza e Mercati In primo piano

«Basilea 3 non ha i tempi giusti»

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 09:36.

«A settembre studieremo nuovi prodotti per migliorare il rapporto banche e imprese perché è necessario individuare soluzioni giuste per un credito più equilibrato e meno costoso». Parte dal basso, dalle piccole e medie imprese, le più colpite dalla crisi finanziaria, la prima uscita pubblica del presidente dell'Abi Giuseppe Mussari. E sceglie il palcoscenico del meeting di Comunione e Liberazione per presentare il suo programma davanti ai rappresentati della Confartigianato e dell'Unioncamere che lamentano le difficoltà di questi anni di tanti loro iscritti per evitare di portare i libri in tribunale.


Il dito è puntato troppo spesso verso gli istituti di credito, criticati perché ritenuti poco sensibili alle istanze delle aziende, specie se piccole o medie. Mussari sembra avere raccolto le critiche e la necessità di impostare un lavoro comune perché «gli interessi delle banche e delle imprese sono allineati».
A cominciare da Basilea 3, un provvedimento che, seppur indispensabile, secondo il numero uno dell'Abi «non ha tempi giusti» e rischia, così, di rendere più complicata la ripresa. E non solo. «Non è accettabile che siano penalizzati i sistemi che hanno meglio resistito alla crisi» come l'Italia e il Canada. «Quello che abbiamo chiesto dopo le ultime modifiche è di valorizzare la specificità degli attivi delle banche italiane, cominciando a cambiare il meccanismo delle imposte differite».


La platea è attenta alle parole di Mussari, molti sono piccoli imprenditori, una classe che secondo un'indagine dell'Unioncamere è sempre più vecchia se è vero che crescono gli iscritti over 70 e diminuiscono i giovani, come spiega il presidente Ferruccio Dardanello. Al suo fianco il suo omologo della Confartigianato Giorgio Guerrini, secondo il quale anche nei momenti più bui ogni giorno in 2mila si iscrivono alla Camera di Commercio e scelgono la strada del rischio di impresa.
A loro Mussari risponde che «dalla crisi abbiamo ereditato bilanci più brutti, conti congelati, un credito più difficile e costoso. Dobbiamo trovare una soluzione giusta, più equilibratamente facile e meno costosa. Dobbiamo ragionare sul tema delle garanzie che ci sono e ci possono essere sul patrimonio. Le imprese hanno bisogno di nuovo credito per riprendere la salita». Tra gli strumenti citati c'è il fondo di garanzia per le imprese «ma probabilmente dobbiamo ragionare in termini di strumenti esistenti e nuovi».

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Bisogna ricominciare da qui, col ridare fiducia alle imprese, un rapporto che troppo spesso si è limitato all'intermediazione dei prodotti finanziari; ora bisogna andare oltre, «sforzandosi di capire le esigenze delle famiglie e delle imprese», spiega Mussari trovando d'accordo un altro banchiere, Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare. Un nuovo rapporto che passa anche attraverso un nuovo linguaggio, ritenuto dal numero uno dell'Abi troppo autoreferenziale, troppa carta come nel caso di «PattiChiari». «In quanti leggono tutte le carte che inviamo? La trasparenza troppo spesso è un simulacro di una conoscenza che rasenta lo zero». A questo punto l'analisi del numero uno dell'Abi diventa ruvida: «Dietro questa crisi c'è anche il tema del linguaggio e del potere degli acronimi utilizzati da chi ci ha condotti fino a qui». Un esempio per tutti è l'utilizzo di Pigs (maiali) per indicare i paesi europei che versano in una difficile situazione finanziaria: «Chi vuole darci lezione ha bisogno, invece, di buone letture per migliorare il livello del suo lessico e per non dare del "maiale" a nessuno».

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