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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:01.
Gli indigeni Dongria Kondth festeggiano la decisione del governo indiano, che dopo cinque anni di campagne d'opinione, ha negato a Vedanta Resources il permesso di sfruttare i depositi di bauxite sulle colline sacre di Niyamgiri. Ma la battaglia non sembra essere conclusa. Nonostante la dura presa di posizione del ministro dell'Ambiente Jairam Ramesh – che si è detto «scioccato dalla sfacciata disattenzione dimostrata per i diritti delle popolazioni tribali» – la mineraria non si arrende: per Mukesh Kumar, Chief operating officer di Vedanta Aluminium, «un abbandono del progetto è fuori discussione e la società continuerà a insistere per ottenerne l'approvazione», pur esaminando insieme al governo dell'Orissa la possibilità di ottenere miniere alternative. I Dongria Kondth, intanto, hanno alzato la posta, chiedendo anche la chiusura di una raffineria di allumina che già esiste nella zona e di cui Vedanta, grazie alle forniture a basso costo di Niyamgiri, vorrebbe espandere la capacità da 1 a 6 milioni di tonnellate l'anno. Lo stesso ministro Ramesh, d'altra parte, aveva messo in discussione la legittimità dell'impianto sotto il profilo ambientale.
La divisione alluminio non è l'unica spina nel fianco di Vedanta, che in questi giorni attende con ansia un via libera anche sull'operazione con cui intende rilevare da Cairn Energy fino al 60% di Cairn India per 9,6 miliardi di dollari. Il ministro del Commercio Anand Sharma ha sottolineato che l'approvazione – non solo del governo ma anche della compagnia statale Ongc, socia di Cairn nel giacimento di Mangala – «non è un cavillo regolamentare, ma una questione rilevante, poiché riguarda le risorse naturali».
Il timore di una controfferta per Cairn da parte della stessa Ongc, eventualmente in cordata con altri, sta intanto perdendo peso: «Non c'è alcuna possibilità che imprese indiane facciano un rilancio – ha assicurato alla Reuters in forma anonima un funzionario del ministero del Petrolio – Il prezzo è troppo alto».
A sfidare l'operazione è però sceso in campo un azionista di Sesa Goa, società attiva nel minerale di ferro rilevata da Vedanta nel 2007: per Harinarayan Bajaj, che ha avviato una causa presso la Corte suprema indiana, Sesa Goa verrebbe danneggiata dall'acquisto di Cairn, poiché Vedanta intende finanziarlo per circa un terzo attingendo alla sua cassa.