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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 15:41.
Ancora ritornano alla mente le immagini delle proteste contro di lui nei giorni caldi della crisi: i cartelli rosa con la scritta "shame", vergogna o "captain greed", capitano avido. Dure critiche che non sembrarono scolvolgerlo allora, pochi giorni dopo il fallimento che ha segnato la storia del capitalismo finanziario americano. E sembrano fargli un baffo adesso. Lui è Richard Fuld, uno degli dei della finanza (semi) caduto, ex amministratore delegato di Lehman Brothers.
Oggi ha testimoniato di fronte alla Financial Crisis Inquiry Commission, a Washington. E chi si attendeva un Fuld remissivo è stato deludo. Anzi, come nelle migliori difese, è andato all'attacco. «Lehman -ha detto - fu lasciata fallire non perché si rifiutò di agire con responsabilità; né perchè non volle cercare soluzioni alla crisi». Tutt'altro. «In realtà fu a causa di una decisione, basata su informazioni sbagliate, di non sostenere la banca con le stesse misure che furono adottate, di lì a pochi giorni, in favore dei suoi competitor e di altre sociètà non finanziarie».
Nessuna alternativa
Le considerazioni di Fuld sono state già smentite nel passato. Ben Bernanke, per esempio, ha detto che in quel famoso settembre 2008 Lehman non aveva garanzie sufficienti per evitare il collasso. «Non c'erano meccanismi - è stata la tesi più volte sostenuta dal presidente della Fed -, non c'erano alternative, non c'era un insieme di regole. Non c'erano fondi sufficienti per gestire la situazione».
La liquidità di Lehman
Fuld, dal canto suo, non ha mai accettato simili considerazioni. Oggi ha ribadito: «Chiedemmo la possibilità» di convertirci in una holding bancaria «cui fosse permesso raccogliere depositi. Di più: facemmo richiesta di vietare lo short selling nudo», cioè la vendita allo scoperto dei titoli senza averne il possesso. «Tutte queste richieste - ha ricordato Fuld- ci furono negate. Al contrario, vennero concesse a gruppi come Morgan Stanley o Goldman Sachs, che divennero banche commerciali nel settembre 2008». Infine, i rumors sulla mancanza di liquidità della banca, ha ribadito l'ex ceo, erano falsi. Al contrario, i regulator, «all'inizio del 2008, aiutarono Jp Morgan ad acquisire Bear Stearns che era già in cattive acque». Le critiche furono moltissime: «Una sorta di precedente di come non gestire il problema successivo che si sarebbe proposto». E che, di fatto, avrebbe influenzato anche la scelta su Lehman.