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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2010 alle ore 08:02.
MILANO
Potrebbe nascere un big delle scommesse in Italia. Tutto dipenderà dall'esito delle trattative aperte da Sisal per acquisire il controllo del gruppo Snai, anticipate ieri dall'agenzia Radiocor. Sisal, del resto, sta cercando da tempo di fare il salto dimensionale che i suoi azionisti (il fondo di private equity statunitense Apax e, in minoranza, quello italiano Clessidra) reputano necessario. D'altro canto Snai necessita di mezzi freschi per migliorare la situazione finanziaria della società, appesantita dai debiti, in particolare quelli verso il gruppo UniCredit.
Proprio per questo motivo Piazza Cordusio è scesa in campo, poco prima dell'estate, aprendo un'asta ufficiale su Snai e inviando a diversi soggetti potenzialmente interessati ad acquisire la società la documentazione.
Ma la partita non sembra affatto semplice. Gli azionisti di Snai Servizi, l'holding che sta a monte della catena societaria e che vede tra i soci il presidente Maurizio Ughi, già nei mesi scorsi si erano dimostrati scettici a perdere il controllo del gruppo delle scommesse ippiche: tanto che era stata scelta inizialmente la strada dell'emissione obbligazionaria di un bond hi-yield, ipotesi che era poi tramontata. E tra le opzioni c'era anche quella della cessione di una minoranza della stessa Snai Servizi, che avrebbe permesso a Ughi e soci di mantenere un piede nella società.
In luglio l'unica strada praticabile, anche alla luce della posizione di UniCredit, è sembrata tuttavia un'asta dove venisse messa in vendita la maggioranza di Snai. Del resto il vero nodo restano i 60 milioni di euro (dei 75 totali) di esposizione verso UniCredit in scadenza in Snai Servizi, oltre agli oltre 300 milioni di posizione debitoria della società operativa.
L'ingresso di capitali freschi è stata dunque vista come l'unica strada praticabile in una società che dal punto di vista industriale opera in un settore, quello delle scommesse, florido e con ampi spazi di crescita. Ovvio che la soluzione Sisal potrebbe sembrare, a prima vista, quella più suggestiva: già circa un anno fa diverse banche d'affari avevano esaminato il matrimonio che era tuttavia tramontato, più che per motivi antitrust (sarebbe bastato cedere alcune attività per evitare un'eccessiva concentrazione), per la storica rivalità che oppone proprio Snai a Sisal. È lecito dunque chiedersi se, alla fine, l'unione si farà o meno.